Ex Africa. Storie e identità di un’arte universale

Lo confesso, sono di parte!

Ho partecipato in prima persona alla realizzazione di questa grande esposizione, quale membro del Comitato scientifico e curatoriale.  Per il catalogo, edito da Skira editore, ho scritto  le note che accompagnano le immagini delle opere esposte nella sezione Semplicemente Arte, che Ezio Bassani e Gigi Pezzoli hanno scelto  per questa mostra.


                                   

                               Ex Africa. Storie e identità di un’arte universale

                                                         In ricordo di Ezio Bassani

 

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               BOLOGNA  Museo Civico Archeologico    29 marzo – 8 settembre 2019

                                                     Una produzione CMS-Cultura

 

 

Ex Africa semper aliquid novi”, così scriveva Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia. Da qui parte la nostra mostra per raccontare come si intreccino vicende africane ed europee, dall’antichità a oggi,  attraverso storie d’arte, di identità, di viaggi e di incontri, partendo dalle cronache dei viaggi e dei primi contatti tra europei e africani.

Una mostra curata da Ezio Bassani (†) e Gigi Pezzoli, con il contributo di studiosi italiani e stranieri ed in memoria dello stesso Bassani, scomparso improvvisamente durante i lavori del progetto e figura alla quale si deve la diffusione della conoscenza dell’arte africana nel nostro Paese

La mostra si avvale di un Comitato scientifico e curatoriale internazionale, composto da:  Pierre Amrouche, Ezio Bssani, Bernard De Grunne, Armand Duchateau, Micol Forti, Gigi Pezzoli ed Elio Revera.

Sono inoltre previsti  i contributi di Alessandra Brivio, Malcolm McLeod, François Neyt ed Anne Vanderstraete.

 

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Figure DJENNÉ – JENO, Mali (A.D. 1050 – 1350) Terra cotta, height 22,5 cm Private collection, Belgium © Frédéric Dehaen, Brussel

 

L’esposizione è articolata in piùsezioni:

Semplicemente Arte: Ezio Bassani, Gigi Pezzoli, Elio Revera

 

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Democratic Republic of the Congo, XIX centuryWood, metal, nails, beads, fiber, raffia cloth, Heights 14 cm, 14 cm and 16,5 cmABG Collection© Hughes Dubois

 

Un’ampia selezione di figure rituali e di maschere provenienti dai più importanti musei europei e dalle più celebri collezioni e, insieme agli oggetti di grandi dimensioni, un gruppo di miniature in bronzo utilizzate per pesare la polvere d’oro.

Un’arte antica: Bernard De Grunne

Il caso Mande, 1000 anni di arte del Mali: il più importante patrimonio di statuaria lignea e in terracotta del medioevo africano, Dogon e Tellem, databile a partire dall’XI sec., per una storia dal fascino senza tempo.

 

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Ancestral figure SONINKE, Mali (A.D. 1040) wood, height 167 cm Private collection, Belgium © Frédéric Dehaen, Brussel

 

Un’arte di corte: Armand Duchateau

Una straordinaria selezione dei tesori dell’antica città-stato di Ife, che gli scopritori europei  attribuirono a un Fidia dell’Equatore; bronzi del celebre regno del Benin, il Palazzo Reale , con gallerie imponenti, come quelle della Borsa di Amsterdam, decorate con placche di arte raffinata, descritti nel 1668.

XX secolo: L’Europa guarda l’Africa: Micol Forti

In questa sezione si dà conto del dialogo straordinario, avvenuto nei primi anni del XX secolo, tra la cultura artistica dell’occidente e la cultura visiva africana, la cosiddetta Art Nègre, nella quale gli artisti della Avanguardie storiche riconoscevano un’originarietà arcaica della forma e del suo valore simbolico e spirituale.

Non creazione anonima ma arte di artisti: Bernard De Grunne

La sezione propone alcuni esempi di identificazione di personalità artistiche o di specifici atelier, che consentono di superare lo stereotipo di un’arte senza autori.

Gli avori Afro portoghesi: Ezio Bassaniddd

Saliere, cucchiai, impugnature per daghe, pissidi e olifanti del XV e XVI secolo, destinati alle collezioni principesche e alle Wunderkammer europee, commissionate, a partire dalla metà del XV secolo, dai navigatori portoghesi ad artisti africani.

Cucchiai afro-portoghese Nigeria, cultura Edo o Owo, XVI sec, collezioni medicee avorio foto di Saulo Bambi, Sistema Museale dell’Università di Firenze

 

Mostra di “Scultura Negra”, Venezia 1922: Gigi Pezzoli

Viene riproposta, con una selezione di opere, la prima pionieristica esposizione di arte africana in Italia, svoltasi presso il Padiglione Italia alla Biennale di Venezia nel 1922.

Un’estetica “diversa”. Ordine e disordine nell’arte vodu: Pierre Amrouche

Quella del vodu è un’arte materica, accumulativa, impregnata di sacralità, in continuo divenire, opere intrise di religiosità, connettori del passato e dell’oggi, una selezione di pezzi per la prima volta in Italia.

Arte africana contemporanea: Micol Forti

 

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Figures 1856, Geological Structure ANDRIALAVIDRAZANA Malala 2018, UltraChrome Pigment Print su carta Hahnemühle Photo Rag Ultra Smooth 110 x 140 cm courtesy: the artist and Galleria Alessandro Casciaro, Bolzano and C-Gallery, Milano

 

Opere che nascono dal confronto tra un’eredità culturale e spirituale che si intrecciano, talvolta scontrandosi, con lo sguardo rivolto all’occidente, affermando comunque e sempre una precisa identità, senza negare la possibilità di contaminazioni.

 

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Man Ray, Noire et Blanche, 1926, Fotografia new print del 1980Collezione privata, Courtesy Fondazione Marconi, Milano© The Museum of Modern Art, New York Scala, Florence©Man Ray Trust by SIAE 2018

 

Nella sezione che ho curato, Semplicemente Arte, ho inteso affrontare il tema dell’identità iconica delle immagini dell’arte tribale che, come quelle occidentali, sono espressione di uno statuto  parimenti significativo ed, in certi casi, ben più potente e vivificante di quello occidentale.

 

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Ngbaka, R.D.C. Bois, fibres, métal, cm 40 x 27 x 17 Collection privée, Belgique © Studio Asselberghs

 

L’Arte dell’Africa è infatti depositaria di uno specifico e peculiare statuto iconico e, per questo motivo, è indispensabile l’approfondimento e la definizione di una teoria propria delle immagini, in cui esse appaiano come protagoniste attive e non semplicemente come oggetto di complemento esotico, bizzarro e sostanzialmente incomprensibile. La definizione dei presupposti teorici di tale statuto e la ricerca dei suoi strumenti interpretativi è il filo conduttore del mio lavoro che mi ha guidato nella compilazione delle note che accompagnano le immagini delle opere esposte. La mostra infatti si avvale di un prezioso catalogo edito dalla  SKIRA, Milano.

Ex Africa é resa possibile grazie alla collaborazione di alcuni tra i più importanti Musei e Collezioni internazionali,  da cui provengono le oltre 270 opere in esposizione.

 

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Fang. Tête de reliquaire éyèma ô byéri Musée d’Ethnographie de Neuchâtel, Svizzera Alain Germond © Musée d’ethnographie de Neuchâtel, Suisse

 

Musei prestatori:

Abuja, The National Commission for Museums and Monuments of Nigeria
Amburgo, MARKK – Museum am Rothenbaum
Amburgo, Museum für Kunst und Gewerbe
Berg en Dal, Nationaal Museum van Wereldculturen
Bologna, Museo Civico Medievale
Colonia, Rautenstrauch-Joest-Museum
Copenaghen, The National Museum of Denmark
Dresda, Rüstkammer, Staatliche Kunstsammlungen Dresden
Dresda, Staatliche Kunstsammlungen Dresden, Museum für Völkerkunde Dresden
Firenze, Museo di Antropologia e Etnologia, Sistema Museale di Ateneo, Università degli studi di Firenze
Firenze, Tesoro dei Granduchi, Palazzo Pitti, Gallerie degli Uffizi
Francoforte, Weltkulturen Museum

 

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Statue MUMUYE, Nigeria wood, height 53,5 cm Private collection, Belgium © Frédéric Dehaen, Brussel

 

Lisbona, Museu da Sociedade de Geografia
Lisbona, Museu Nacional de Etnologia
Modena, Galleria Estense, Gallerie Estensi
Monaco, Museum Fünf Kontinente
Neuchâtel, Musée d’Ethnographie
Parigi, Musée du quai Branly – Jacques Chirac
Roma, Musei Vaticani
Roma, Museo delle Civiltà-Museo preistorico etnografico “Luigi Pigorini”
Rotterdam, Wereldmuseum
San Pietroburgo, Museo statale Ermitage
Torino, Armeria Reale, Musei Reali di Torino
Venezia, Museo di Storia Naturale
Vienna, Weltmuseum
Zurigo, Museum Rietberg
Zurigo, Völkerkundemuseum der Universität

Per l’eccezionalità dei prestiti la mostra è pensata appositamente e unicamente per Bologna e non potrà quindi avere altre sedi.

L’ONU ha ritenuto il progetto coerente con gli obiettivi dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

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Statue Baoulé Baoulé, Côte d’Ivoire, XIX siècle Bois, Collection privée ©Hughes Dubois

 

Courtesy CMS-cultura. Le immagini pubblicate, sono tratte dall’ampio Catalogo che accompagna l’esposizione, pubblicato da SKIRA editore , Milano.

 

Articolo a cura di Elio Revera

 

 

 

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L’Africa delle meraviglie

Prima della recente esposizione al Mudec di Milano con Africa, la terra degli spiriti,  un’altra significativa mostra è stata realizzata a Genova nel 2011, titolata L’Africa delle meraviglie.

 

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E’ stata questa un’inizitiva che traeva origine direttamente solo e soltanto dal mondo collezionistico di Arte Africana del nostro paese. La cosa più innovativa, però è dovuta al fatto che furono gli stessi collezionisti a partecipare in prima persona all’evento.

Al di là dei curatori, infatti, vanno ricordati i contributi organizzativi di Alessandro Iacopi, Vittorio Carini ed Elio Revera, individuati dal gruppo dei collezionisti aderenti all’evento, per collaborare insieme ai curatori alla riuscita dell’impresa.

l-africa-delle-meraviglie-l-7fr-vuScultura Baoulé, Costa d’Avorio (cm 44, 5)

 

La scelte delle opere esposte è stata naturalmente fatta dai curatori, ma l’impegno diretto dei collezionisti nella fase preparatoria non va sottaciuto.

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 Da sx: monete in ferro nigeriane Ejagham e Mumuye, Baduma (Ciad), Kirdi (Camerun) e doll  Bassa, Liberia (cm 19,5)

Sebbene l’esposizione sia stata visitata da tanti appassionati, bisogna però ahimè ricordare che questa iniziativa non ha dato inizio a quella serie di eventi post mostra che in tanti auspicavano e, di conseguenza, l’energia dei  collezionisti si è dispersa in mille rivoli.

 

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Colonna con maternità, tempio di Agbeni, Yoruba, Nigeria (cm 150)

Ciò nondimeno la mostra di Genova ha costituito comunque una tappa significativa della storia espositiva dell’ arte tribale in Italia, dopo i grandi eventi di Firenze (1986), Roma  (1989) e di Torino (2003/04), soltanto per ricordare quelli più importanti degli ultimi decenni.

Un’esposizione quella di Genova che ha avuto grande risonanza sui media nazionali come testimoniano i successivi  tre articoli fra i tanti  dedicati all’evento.

http://www.abitare.it/it/design/visual-design/2010/11/11/lafrica-delle-meraviglie/

http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Eventi/visualizza_asset.html_61903556.html

http://www.viveregenova.comune.genova.it/content/l-africa-delle-meraviglie-le-bandiere-asafo

Per rimanere fedele allo spirito dell’esposizione, pubblico di seguito il comunicato ufficiale della mostra  di Genova.

 

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Un omaggio ad Onda, mia insostituibile collaboratrice, a Genova,  nel freddo gennaio 2011

 

L’Africa delle meraviglie

Data Inizio: 31 dicembre 2010
Data Fine: 05 giugno 2011
Luogo: Genova Palazzo Ducale e Castello D’Albertis

 Curata da Ivan Bargna e Giovanna Parodi da Passano con la collaborazione di Marc Augé, la mostra presenta un’importante selezione di opere di arte africana tradizionale di grande valore estetico e culturale.
Il progetto espositivo, che nasce dalla collaborazione fra gli antropologi e l’artista Stefano Arienti, riunisce nelle due sedi di Palazzo Ducale e Castello D’Albertis oltre 350 opere provenienti da prestigiose collezioni private italiane, in gran parte inedite. Maschere, feticci e altre affascinanti sculture sono distribuite lungo gli ambienti, disegnando un avvincente percorso all’interno di meraviglie, capaci di condurre dritti al cuore delle culture dell’Africa subsahariana, dei loro costumi e modi di vita: dal Mali al Congo, dalla Liberia al Camerun.

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Visione d’insieme della prima sala espositiva di Palazzo Ducale

L’intenzione dei curatori non è quella di riproporre ancora una volta i rimandi fra modernismo e primitivismo (con l’artista occidentale che veste i panni dell’africano), ma quella di mettere in gioco nell’allestimento della mostra certe pratiche artistiche contemporanee per aiutarci a evocare contesti che sono diversi ma forse meno lontani di quel che pensiamo: per portarci dalle collezioni italiane alle esperienze che di queste opere fanno gli africani.

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Pende Mbuya mask, Congo (cm 18)

Costruito su più scenari che si intersecano – quello della presenza forte degli oggetti, quello delle loro esistenze molteplici e mutevoli, quello dei fantasmi e desideri che suscitano in noi maschere e feticci – l’allestimento dell’artista pone l’accento sulla materialità e la tattilità degli oggetti d’arte africani, creando un’ambientazione che associa immediatezza e capacità evocativa, e rinunciando dove possibile a vetrine o apparati didattici che ingabbiano le opere.
Bianco, rosso e nero, la triade cromatica che caratterizza l’arte africana tradizionale, sono i colori utilizzati nell’allestimento fin dall’inizio. I muri bianchi dello spazio espositivo sono accostati a opere di Stefano Arienti: tappeti tinti di rosso o di nero, che rimangono comunque sempre separate dalle opere africane, contribuendo a evocare lo spazio domestico delle collezioni da cui gli oggetti provengono. Mentre libri manipolati, piume, ombre… introducono strane presenze e spiazzanti interferenze, stabilendo connessioni che tessono una complessa serie di rapporti fra le opere, i loro doppi, le nostre ossessioni, e aiutando in tal modo a creare i riferimenti utili a classi di oggetti specifici.

 

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Catalogo dell’esposizione con Maschera elefante in tessuto, Bamileke, Camerun, , SilvanaEditoriale, 2010

Le opere d’arte africane qui pubblicate erano presenti alla rassegna di Genova.

a cura di Elio Revera

 

 

Africa. La terra degli spiriti.

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Africa, Mudec
Foto di Tommaso Revera

Dopo ben 15 anni di attesa, con lavori e inaugurazioni rinviate più volte, questo mese finalmente aprirà al pubblico il nuovo Museo delle Culture di Milano (Mudec). La data stabilita per l’apertura è venerdì 27 marzo 2015, con l’esposizione Africa. La terra degli spiriti.
Progettato dall’architetto inglese David Chipperfield, il Museo delle Culture sorge nell’ex area industriale dell’Ansaldo, nel quadrilatero occupato dall’ex fabbrica e destinato nel 1999 a diventare la Città delle Culture.Oltre 8000 mq su 3 piani, con il primo destinato a caffetteria, bookshop, didattica, biblioteca e uffici, e gli altri 2 ad ospitare collezioni di America, Asia e Africa (culture extraeuropee) del Comune di Milano, più un attico con ristorante.

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Basikasingo, Congo, cm. 15, Coll. privata, Italia, Photo F. Cattabiani

Promossa dal Comune di Milano e dal 24 ore Cultura-Gruppo 24 ore, nell’anno dell’Expo, la mostra «Africa. La terra degli spiriti», resterà aperta fino al 30 agosto, è la prima grande mostra sull’Arte e la cultura dell’Africa Nera che si tiene a Milano. L’esposizione è curata da Ezio Bassani, Lorenz Homberger, Gigi Pezzoli e Claudia Zevi, specialisti di grande prestigio e prevede la partecipazione di opere provenienti da Musei internazionali di Arte Tribale, nonchè da prestiti dalle più prestigiose collezioni private, soprattutto straniere, ma anche italiane.
Assodata ormai da tempo la consapevolezza dell’importanza delle culture definite “tribali” nella genesi dell’arte moderna occidentale, basti ricordare l’influsso stupefacente ed innovativo esercitato sulle creazioni di Picasso, Braque, Matisse, Derain, Modigliani, Brancusi, per citare soltanto alcuni artisti delle grandi avanguardie del primo ‘900, è tempo ormai di guardare a quest’arte come ad una creazione autoctona, degna della più alta considerazione artistica.
La mostra proporrà la visione di grandi opere legate ai culti religiosi delle popolazioni subsahariane, alle loro tradizioni culturali, alla loro vita quotidiana. Un affascinante universo destinato a fornire l’immagine di queste culture, nella quali i manufatti di grande bellezza e significato artistico, sono destinati a regolare il complesso rapporto con le “forze invisibili” della natura e dell’universo.

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Chokwe, Congo, cm 22,5, Coll. privata, Italia, Photo H. Dubois

L’arte antica dei viaggiatori ed artisti rappresentata dagli avori afro-portoghesi, dalle pietre della cultura Sapi della Sierra Leone e Liberia, dai bronzi del Benin; il culto degli antenati nelle culture dei popoli Dogon, Baulé del Mali e Costa d’Avorio; i culti funerari dei Fang e Kota del Gabon; le società segrete e di iniziazione del Congo e Nigeria; i riti della natura e della fecondità, le strutture di potere ed il mondo degli spiriti con l’esposizione di sculture, maschere, copricapi e feticci; la bellezza del quotidiano, la danza e la musica in oggetti quotidiani di stupefacente ingegno creativo.

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Ekoi, Nigeria, cm 34, Coll. privata, Italia, Photo F. Cattabiani

Sono questi soltanto alcuni dei temi che l’esposizione intende portare alla visione del grande pubblico unitamente ad una riflessione sulla continuità di queste culture nel mondo contemporaneo e nella memoria dello “schiavismo”.
Uno sguardo storico ed antropologico, ma con grande attenzione al significato artistico delle singole opere ed alla loro intrinseca bellezza estetica.
La storia della produzione artistica africana tratta di culti religiosi intrisi di materia, con uno svariato apparato di statue, maschere e oggetti rituali, mediante i quali si manifesta la materialità che è parte della loro essenza.
In Africa, infatti, il carattere sacro della materia assume una dimensione esplicita, consapevole e di affascinante potenza.
Il continente africano pertanto, non è quel luogo abitato da popolazioni primitive, dedite alla magia ed alla superstizione, vittima di pratiche e ritologie cruente e cannibalistiche, ma una realtà di popoli in lotta per la sopravvivenza in contesti di grande difficoltà ambientali quanto di affascinante bellezza.

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Vili, Congo, cm 12, Coll. privata, Italia, Photo P. Paletti

La mostra intende sfatare anche questo risiduale cliché: l’arte tribale non è affatto la creazione di popolazioni ignare ed infantili, bensì un’arte fatta di grande rigore stilistico, consapevoli scelte e alta capacità esecutiva.

Ne sono testimonianza gli oltre duecento pezzi che dal 27 marzo si possono vedere al neonato Museo delle Culture di Milano, alcuni dei quali sono qui pubblicati.

Elio Revera

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Songye, Congo, cm 24, Coll. privata, Italia, Photo F. Cattabiani

The exhibition Africa is dedicated to African art from the Middle Ages until today and includes over 200 works. It provides the visitor with two different perspectives: renowned masterpieces that are in line with the Western taste, and works that are closer to the African tradition.

Africa and Mondi di Milano are the opening exhibitions of the new Museo delle Culture (Museum of Cultures), or MUDEC. It is a centre dedicated to interdisciplinary research on the cultures of the world, with a permanent collection that includes works from the Middle and Far East, South and Central America, West and Central Africa, and some items of Southeast Asia and Oceania.

La qualité, c’est obscur objet de desir. A la recherche de la qualité

Je commencerai cette recherche sur la Qualité des Arts Africains avec la présentation synthétique de certains concepts qui nous seront utiles lors de la réflexion à laquelle je vous invite.
J’illustrerai mon propos par la présentation d’éléments d’analyse qui, je l’espère, pourront éclairer les amateurs sur la qualité d’un objet d’art tribal, et plus particulièrement lorsqu’il est originaire d’Afrique subsaharienne. Bien entendu, ces critères sont des propositions éloignées de tout dogmatisme et ne s’inscrivant pas dans une démarche normative rigide.

Le premier élément que je présenterai est celui de la SPONTANÉITÉ DU GESTE.
En réalité ce terme, utilisé par Henry Kamer dans son très bel article sur l’authenticité des sculptures africaines (De l’Authenticité des Sculptures Africaines,1974) réunit une multitude de caractéristiques propres à un objet d’art Tribal.

Bien que j’aurais pu utiliser un autre terme comme celui de qualité artistique, je préfère souligner la spontanéité du geste parce qu’elle constitue une indication réelle de la qualité d’exécution d’une œuvre. Cette expression englobe de nombreux paramètres parmi lesquels on pourra tenir compte de la dextérité de l’artiste, du raffinement de l’exécution, de l’expressivité et de la puissance évocatrice ainsi que des caractéristiques inhérentes au travail des matériaux employés (bois, pierre, métal, ivoire, terre cuite).
Concernant ce dernier élément, il sera indispensable de s’assurer de la cohérence des matériaux utilisés, les moyens, avec la finalité du type objet en question.
Comme nous l’avons vu, les aspects inhérents à la spontanéité du geste sont nombreux. Aussi, j’illustrerai, à la suite, ceux qui, à mon sens, sont les plus pertinents, tout en sachant que d’autres paramètres pourraient les compléter ou en découler.

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Bamana, Kònò mask, Koulikoro region, Mali

De l’expressivité
L’intensité, la force, l’énergie retenue ou effusive sont des caractéristiques que l’art africain authentique sait transmettre au premier regard. Cette émotion suscitée sans feintes ni détours et la détermination de son expression est, à mon sens, la première caractéristique intrinsèque de l’art africain authentique.
En ce sens, un amateur attentif sera difficilement attiré par une copie, même bien exécutée, parce que celle-ci ne possèdera pas l’énergie primordiale sous-jacente de la création originelle. Naturellement, le degré d’expressivité n’est pas uniforme parmi les œuvres authentiques et la perception de cet élément influera conséquemment sur l’évaluation de l’objet en question.

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Bwende figure, Congo

La cohérence structurelle
Ce critère d’évaluation nous permettra de renforcer notre opinion quant à l’authenticité de l’œuvre et d’examiner la cohérence de sa manufacture avec l’utilisation qui lui est destinée.
L’évaluation de la cohérence structurelle comporte différents aspects.
D’une part, il faudra évaluer la matière constitutive de l’œuvre: bois, métal, argile, ivoire / os, tissus, coquillages, perles, verre, faïence, plumes, résine, pigments. En ce sens, l’examen rigoureux de la patine de l’objet sera indispensable pour nous permettre une analyse rigoureuse des éléments mentionnés précédemment.
D’autre part, il faudra aussi prendre en compte la cohérence des dimensions de l’objet avec le corpus de pièces d’un même type, à savoir sa hauteur, son poids et ses dimensions.

La cohérence stylistico-formelle
Il est important d’étudier comment le style d’une œuvre s’inscrit dans la tradition d’une culture pour ce même type d’objet. Ceci se fera à travers l’étude des variations géographique et historiques d’un même type d’objet au sein d’une tribu. Cet exercice sera rendu possible par l’étude approfondie de livres de références, d’articles scientifiques, de visites de musées, de collections, d’antiquaires spécialistes du domaine et autres expertises.
Cette analyse nous prépare à une étude minutieuse de l’équilibre plastique.

L’équilibre plastique
Ce concept prendra en compte le lexique expressif de l’œuvre. Pour ce faire, nous enrichirons les analyses structurelles et stylistico-formelles présentées antérieurement par une lecture esthétique de l’œuvre. Nous pouvons citer, entre autres, comme éléments d’analyse : l’équilibre entre les formes et des volumes, entre les courbes et les lignes droites, le plein et le vide, l’élan et la retenue, la saillie ou le repli et la cas échéant l’utilisation de la couleur.
Que faire si cet équilibre était être troublé par des traits considérés disgracieux, des malformations ou des disproportions ? Il faudrait alors prendre en compte l’intention de l’artiste, et si celle-ci est difficilement vérifiable, il serait alors intéressant de la comparer à d’autres œuvres du même type comme recommandé lors de l’évaluation stylistico-formelle. En effet, il ne faudrait pas réduire notre appréciation de la qualité artistique d’une telle œuvre a priori. En ce sens, nous vous invitons à titre d’exemple, à considérer la production sculpturale de certaines ethnies du Cameroun ou du Nigéria, pour ne citer que deux exemples, qui utilisent le grotesque et l’exagération de certains traits physiques dans leur production artistique. Dit autrement, il existe des disproportions bien proportionnées car elles répondent au lexique expressif de ce type d’objet.

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Igbo, Ikenga, Nigeria, Coll. privata, Italia, v.http://artidellemaninere.forumattivo.it/t456-igbo-people-ikenga-aguleri-umuleri-area-igboland-north-west-nigeria

De la clarté de la composition
La clarté avec laquelle le sculpteur aura exprimé son idée, l’absence d’éléments qui contribuent à un alourdissement voire un encombrement perceptif, l’absence d’éléments peu orthodoxes, arbitraires ou erronés permettra de transmettre un sens de l’harmonie qui sera immédiatement perceptible. C’est en quelque sorte de cet exercice de synthèse auquel le sculpteur se sera soumis duquel dépendront la lisibilité et l’évidence de l’œuvre.

De la complétude de la composition
Une œuvre nous émeut. Elle est cohérente, stylistiquement et matériellement. Esthétiquement, sa composition est riche et de surcroît elle est aisément “lisible”. Que pourrait-il lui manquer ? C’est la réponse à cette question qui nous permettra d’évaluer la complétude d’une œuvre.

A la clarté de la composition, il nous faut donc ajouter la concentration et l’économie des moyens qui permettront au sculpteur d’arriver à une épure débarrassée de toute interférence, redondance ou élément superflu. L’essentiel et rien de plus.

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Songye janus, Coll. Kunin, Congo

Après la spontanéité du geste dont nous venons de discuter les différentes composantes, nous nous attarderons sur un autre élément de grande importance dans la définition de la Qualité d’une œuvre : l’ORIGINALITÉ.

Que recouvre ce terme pour moi ?
Ce paramètre est défini par la remarquable capacité de l’artiste à interpréter ou réinterpréter sa création, au sein du canon artistique traditionnel, codifiée par l’histoire de cet objet rituel ou utilitaire.
Il ne s’agit pas néanmoins d’un acte créatif autonome ou fantaisiste mais plutôt de l’expression de la capacité créative du sculpteur qui va vivifier et renouveller la forme traditionnelle consolidée au sein de la culture d’une ethnie spécifique.
Le terrain le plus propice à l’épanouissement de cette aptitutde est celui des objets utilitaires, rituels ou non, pour lesquels les possibilités expressives réunissent le plus grand degré d’innovation et d’invention. Il suffit de penser à certaines cuillères, appuie-têtes et autres objets comme, par exemple, l’harpe Mangbetu du MET, NY.

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Arpa Mangbetu, Congo, ex Rockfeller coll.

Originale, en conséquence, il reste à indiquer, d’une part, l’exercice créatif de l’artiste qui avec ses mains déploie une énergie plastique qui renforce et renouvelle la forme traditionnelle, et d’autre part, l’appréciation d’une vision sculpturale et plastique innovante, destinée à perpétuer le développement stylistico-formel du langage expressif des objets africains traditionnels.

Une analyse critique attentive a, d’ailleurs, reconnu, au cours de l’évolution de l’histoire artistique de l’art classique africain, d’importants apports artistique dûs à la capacité et à l’originalité de maîtres reconnaissables, bien qu’anonymes. Parmi les plus illustres nous pouvons mentionner les production du maître de Buli en ce qui concerne les Luba, ou à l’atelier Mumuye qui a produit le nombre restreint de sculptures du British Museum.

Il y a des évènements et des situations qui arrivent fortuitement, indépendamment de la volonté, du mérite individuel.
Dans le cas d’objets d’art, leur destin est souvent influencé voire déterminé, par des facteurs qui font abstraction de leurs caractéristiques intrinsèques ou de la volonté de celui ou celle qui il les réalisât.
Il y a, dans l’histoire de l’Art Africain authentique, un facteur qui n’est pas attribuable à une caractéristique intrinsèque de l’objet et qui fait de celui-ci un objet spécial. Dans notre recherche de la qualité, cet élément aura une connotation importante. Je me réfère à la RARETÉ ou mieux encore, à cette connotation spécifique qui dépasse l’objet même et le rend particulièrement apprécié parce que peu courant.
Nous ne pouvons pas affirmer que cet élément est intrinsèque à la Qualité ; la rareté, en effet, n’est pas une caractéristique qualitative autonome.
Il est certain, cependant, qu’en présence d’autres éléments qualitatifs tels que la spontanéité du geste et l’originalité, un objet déterminé, s’il est rare, acquiert indubitablement une considération accrue.

A mon avis, les éléments pertinents qui sous-tendent le concept de rareté dans l’art africain classique sont ceux-ci:

– L’époque, présumée ou confirmée, de l’objet;
– La réalisation par un atelier (ou un artiste) reconnu, malgré l’anonymat presque absolu qui accompagne les arts tribaux.
Anonyme seulement parce qu’il pas encore été possible de leur attribuer une provenance précise sur la base de références stylistiques précises.

Je ne peux pas conclure ma brève recherche sur la qualité dans l’art tribal sans mentionner un facteur apparemment subjectif mais dont la substance même est, d’après moi, objective. Je me réfère au GRADIENT ESTHÉTIQUE, c’est-à-dire à la manière dont la beauté d’un objet spécial sera perçu et considéré par l’amateur qui l’évalue.

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Kota, Gabon, Courtesy Barbier-Mueller Museum

Il apparaît évident que ce modèle est le moins objectif des trois précédemment puisqu’il est nécessairement le résultat d’une évaluation esthétique personnelle.
Cependant, bien que cette évaluation soit personnelle, l’évaluation esthétique n’appartient pas à la sphère privée contrairement à la préférence qui concerne les choix de chacun.
En effet, bien qu’il soit possible de préférer Le Titien à Caravaggio, Bach à Chopin ou de Cervantes à Manzoni, nul ne doutera de la beauté ou la grandeur littéraire de ces artistes.
Mais alors, comme pouvoir évaluer la beauté d’une oeuvre tribale, au-delà des préférences individuelles?

Alors qu’abondent les commentaires concernant l’art occidental, l’ekphrasis est une discipline en devenir pour l’art tribal et à ce titre tout apport critique est à prendre en compte à sa juste mesure.
Sous les plis de la Spontanéité du geste et de l’originalité, nous pouvions déjà déceler des éléments d’évaluation esthétique et il est juste de s’y référer.
En ce qui me concerne, mon regard ne peut pas faire abstraction de tout ce que j’ai déjà écrit dans l’article sur le Primitivisme esthétique, et c’est donc à celui-ci que je ferai référence.
Je crois que la beauté d’un objet d’art tribal est d’abord reconnaissable à sa force expressive qui correspond à la matérialisation optimale de la pensée de son créateur.
L’œuvre est par conséquent l’expression d’un acte créateur, ni anodin ni anonyme, qui condense les intentions et les capacités exécutives de l’artiste.

Dans l’art Africain, quoique l’on ignore l’identité de l’artiste, celui-ci n’est jamais anonyme ; c’est notre incapacité et impuissance à pouvoir remonter jusqu’au sculpteur qui est innommable.
L’artiste inconnu n’est pas le simple exécutant d’un projet tribal fruit d’une tradition consolidée, mais l’interprète de cette tradition, capable de renouvellement et de créativité, au sein du canon expressif et culturel de l’ethnie d’appartenance.
Et quand cela s’exprime à son plus haut niveau, la concentration de la beauté est palpable dans un primitivisme esthétique évident qui naît de la force de la pensée, de celles des mains et de la fantaisie créatrice.

Luba Dintenfass
Luba, Congo, ex coll. Dintenfass

L’image d’une œuvre ainsi conçue se différencie d’une autre par sa netteté intrinsèque, capacité de synthèse, spontanéité et force, versus un mélange d’incertitude, encombrement, redondance et répétition. Il y n’a pas de vie dans cette dernière, seulement la répétition de quelque chose qui lui préexistait, une pièce puissante et unique, ni fruit du hasard ni anodin ni anonyme.

Le résultat d’une oeuvre d’art ne se décrit pas par l’intensité émotive, les forces primordiales obscures, un mysticisme facile mais pour l’interprétation cohérente et originale du canon, dessin harmonieux puissance exécutive et grande expressivité.

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Luluwa, Congo, ex coll. Muenstenberger, Courtesy Sotheby’s

C’est, en synthèse, ce que j’appelle Primitivisme Esthétique. Une idée destinée à exprimer, de manière mesurée, mon idéal de beauté dans l’art africain.

Elio Revera
Editing et traduction par Ricardo de Matos Leandro

La qualità…questa sconosciuta! ( quarta ed ultima parte)

Non posso concludere questo mia breve ricerca sulla qualità delle arti tribali, senza parlare di un fattore soggettivo all’apparenza, ma oggettivo, a mio avviso, nella sostanza.
Mi riferisco al gradiente estetico, cioè alla bellezza di un particolare oggetto, come essa è percepita e considerata da chi lo sta valutando.

Appare evidente che questo parametro è il meno oggettivo dei tre presi in considerazione precedentemente, dal momento che non può non riflettere una valutazione estetica personale.

Sebbene personale, però, la valutazione estetica, non è affatto un affare privato a differenza della preferenza, che a ben diritto attiene alle scelte di ognuno.

E’ infatti del tutto evidente che si possa preferire Tiziano a Caravaggio, ovvero Bach a Chopin, de Cervantes a Manzoni, ma questo nulla attiene circa la bellezza o la grandezza letteraria di questi artisti.

Ma allora, come poter valutare la bellezza di un manufatto tribale, al di là delle preferenze individuali?

E’ evidente che, mentre per l’Arte occidentale, la Musica e la Letteratura, infiniti testi di ecfrasi critica sono stati consumati, per la nostra arte, tutto ciò è in divenire ed ogni contributo critico in proposito merita la giusta attenzione.

In realtà, a ben considerare, tra le pieghe della Spontaneità esecutiva e dell’Originalità, già si ravvisano elementi di valutazione estetica ed al riguardo è doveroso far riferimento ad essi.

Per quel che mi riguarda, il mio sguardo non può prescindere da quanto ho già scritto nell’articolo sul Primitivismo estetico, ed ad esso faccio quindi riferimento.

Credo che la bellezza di un oggetto primitivo sia ravvisabile anzitutto nella sua forza espressiva che poi non è altro che il materializzarsi al massimo livello della forza del pensiero creativo dell’artista che ha creato quell’oggetto.

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Fang, Gabon, Courtesy Museo Dapper

L’opera , di conseguenza, è l’espressione di un atto creativo, mai casuale ed anonimo, che condensa le intenzioni e le capacità esecutive dell’artista.
Nell’Arte Africana, sebbene dell’artista si ignori l’identità, questi non è mai anonimo; senza nome è soltanto l’incapacità e l’impossibilità di risalire all’esecutore.
E l’inconosciuto artista non è mai esecutore di un mero progetto tribale frutto di una consolidata tradizione, bensì l’interprete di quella tradizione, capace di rinnovamento e di creatività, pur nell’ambito del canone espressivo e culturale dell’etnia di appartenenza.

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Bamilike, workshop of the Bangwa, Cameroon, Coll. privata

E quando questo avviene al massimo livello, la concentrazione di bellezza è palpabile in un evidente primitivismo estetico che nasce dalla forza del pensiero, da quelle delle mani e dalla fantasia creatrice.
L’immagine di un’opera così concepita si differenzia da un’altra per la sua intrinseca nitidezza, capacità di sintesi, spontaneità e forza, versus un misto di incertezza, sfocatura, ridondanza e ripetizione.
Non c’è vita in quest’ultima opera, soltanto ripetizione di un qualcosa che già preesisteva, di un originale forte ed unico, mai frutto del caso e mai anonimo.

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Luba/Kusu, Congo, Courtesy Brooklyn Museum

Il risultato di un’opera d’arte non ci parla per intensità emotiva, oscure forze primigenie, misticismi di bassa lega, ma per coerente ed originale interpretazione del canone, armonioso disegno esecutivo e grande potenza evocativo/espressiva.
In sintesi, questo è ciò che chiamo Primitivismo Estetico, l’idea cioè destinata ad esprimere con graduazione progressiva, il mio ideale di bellezza dell’opera d’arte africana.

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Queen Mother, Ivory Mask, Edo or Bini, Nigeria, Courtesy Metropolitan Museum of Art, N.Y.

( Fine )

La qualità…questa sconosciuta! (parte terza)

Ci sono eventi e situazioni che accadono indipendentemente dalla volontà, dal merito o dal demerito individuali.
Nel caso di oggetti d’arte, il loro destino è sovente influenzato ed a volte determinato, da fattori che prescindono dalle loro caratteristiche intrinseche o dalla volontà di chi li realizzò.
C’è, nella storia dell’autentica Arte Africana, un fattore che, pur non riconducibile ad un’ intrinseca caratteristica di un oggetto, fanno di esso un oggetto particolare e, rimanendo sul terreno della Qualità, ne determinano un’ importante connotazione.
Mi riferisco alla sua RARITA’ o meglio, a quella specifica connotazione che trascende l’oggetto stesso e lo rende particolarmente apprezzato perché non usuale.
Non può dirsi questa specifica attribuzione un elemento peculiarmente intrinseco alla Qualità; la rarità in sé, infatti, non è un elemento qualitativo autonomo.
Certo è, però, che in presenza di altri elementi qualitativi, quali la Spontaneità Esecutiva e l’Originalità, un determinato oggetto, se è anche raro, acquisisce una considerazione di accresciuta, indubbia considerazione.

E a mio avviso, gli elementi di rilievo che tratteggiano il concetto di rarità in Arte Africana sono i seguenti:

l’epoca presunta o accertata dell’oggetto;

l’atelier (o artista) di provenienza e realizzazione, stante il pressoché quasi assoluto anonimato che accompagna le arti tribali, anonime soltanto perché ancora non è stato possibile attribuire loro una precisa provenienza sulla base di precisi riferimenti stilistici;

i materiali impiegati, che sovente rendono un oggetto particolarmente raro in quanto solitamente realizzato comunemente con materiali diversi, come il piccolo Lobi in avorio:

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Lobi, avorio, cm 11, Coll. privata belga

la rappresentazione plastica della figura, maschera o altro, quando cioè quel particolare oggetto non è usuale nella sua tradizionale iconografia, come nel caso di questa Bamana;

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Bamana, Chi-Wara dalle corna inusuali. Coll. privata, Italia. Altro in: http://artidellemaninere.forumattivo.it/t1293-bamana-people-ciwarakun-chi-wara-or-sogonikun-sogoni-kun-headdress-sculpture-sikasso-region-mali

l’integrità dell’oggetto ovvero il suo stato di conservazione in relazione ad oggetti della medesima tipologia;

la ricchezza degli elementi di decoro non usuali quali tessuti, metalli, monili, conchiglie ed altro ancora.

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Djenné, Mali, bronzo, Courtesy Sotheby’s

(continua)

La qualità…questa sconosciuta! (part. seconda)

Un altro elemento di grande importanza, nella definizione della Qualità di un manufatto , dopo la Spontaneità Esecutiva, è a mio modo di vedere, l’ORIGINALITA’.

Cosa intendo dire con il termine originalità?

Questo parametro è definito dalla rimarchevole capacità dell’artista di interpretare/reinterpretare l’oggetto di sua creazione, pur all’interno del canone artistico tradizionale, codificato dalla storia di quello specifico oggetto rituale o d’uso.

Non si tratta quindi di creazione autonoma, fantasiosa, irrituale….bensì dell’espressione della capacità scultorea che sa vivificare ed innovare le forme tradizionali consolidate nella cultura della propria specifica etnia.

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Arpa Mangbetu, Congo, ex Rockfeller coll. Un’altra Arpa Azande (Coll. privata, Modena, Italia) in: http://artidellemaninere.forumattivo.it/t284-azande-people-harp-uele-area-congo

Terreno favorevole al dispiegarsi di questa capacità sono in particolare gli oggetti d’uso, rituali o non, nei quali le possibilità espressive raggiungono il massimo grado di invenzione ed innovazione, basti pensare ad alcuni cucchiai, ovvero ai poggiatesta o altri manufatti ancora, come l’arpa Mangbetu del Met, N.Y.

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Cucchiaio Lega, Congo, Coll. Marc et Denyse Ginzberg

Originale, pertanto, sta ad indicare l’esercizio creativo dell’artista che attraverso la propria manualità sa dispiegare una nuova energia plastica che rafforza e vivifica le forme tradizionali; sta ad indicare altresì, l’apprezzamento per una innovativa visione scultorea e plastica, destinata a perpetuare lo sviluppo delle forme artistiche tradizionali africane.

Un’attenta analisi critica, infatti, ha riconosciuto, nel corso dell’evoluzione della storia artistica dell’arte classica africana, importanti apporti artistici dovuti alle capacità ed all’originalità di ignoti, ma riconoscibili maestri, quali sono le produzioni di Buli per quanto attiene i Luba, ovvero a quel ristetto novero di sculture del British Museum, ad opera di un atelier Mumuye.

 

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Poggiatesta Luba, Congo, Coll. Horstmann

 

 
(continua)

La qualità….questa sconosciuta!

Voglio iniziare questa ricerca sulla Qualità relativa alle Arti Africane con una sintetica premessa.

Lontano da me ogni impeto definitorio o pretesa di condivisione, il mio contributo sull’argomento si limiterà unicamente alla descrizioni degli elementi che, a mio modo di vedere, definiscono la qualità di un oggetto d’arte tribale, dell’Africa in particolare.

Il primo elemento è quello della Spontaneità Esecutiva.

In realtà questo termine, utilizzato da Henry Kamer nel suo bellissimo lavoro sull’autenticità delle sculture africane (De l’Authenticite des Sculptures Africaines, 1974) assomma una vasta serie di caratteristiche dell’oggetto d’Arte Tribale. Potevo utilzzare un altro termine, come qualità artistica, ma mi piace sottolineare la spontaneità perché essa è davvero indice di qualità d’esecuzione. Sono tanti in ogni caso, i sotto-parametri qui compresi, e di tanti bisogna tener conto: la capacità scultorea tout-court, la raffinatezza dell’esecuzione, l’espressività e la potenza evocativa ed anche le caratteristiche scultoree insite nella tecnica di lavorazione dei materiali impiegati ( legno, pietra, metallo, avorio, terracotta….).
Ovviamente tra le caratteristiche materiali è imprescindibile la valutazione della correttezza nell’impiego di alcuni materiali per quello specifico oggetto.

Sono numerosi gli aspetti inerenti la Spontaneità Esecutiva. Mi limiterò a questi di seguito illustrati, considerando che altri possano essere ricongiungibili a quelli di seguito descritti.

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Nkundu, testa, Congo

Espressività

L’intensità espressiva, la forza che promana dalla scultura/maschera, l’intrinseca energia trattenuta o esplosiva sono caratteristiche che l’autentica arte africana sa esprimee al primo sguardo, sa svelare senza infingimenti con rara potenza e decisione. Soltanto l’arte autentica ha questa forza ed uno sgurdo attento difficilmente è attratto da una copia, anche ben realizzata, perchè questa, sempre, non possiede la sotterranea primigenia energia dell’originaria creazione. Naturalmente il grado di espressività non è il medesimo in tutte le opere pur originarie e di conseguenza, la graduazione di questo elemento incide nella valutazione dell’oggetto stesso.

Equilibrio stilistico-formale e volumetrico

Questa caratteristica definisce i caratteri stilistico-formali peculiari del lessico espressivo dell’opera; il giusto rapporto tra gli elementi della forma e dei volumi, quello tra le linee curve ed ortogonali, il pieno ed il vuoto, lo slancio ovvero il trattenuto, l’aggettante vs. il ripiegamento…sono alcune delle caratteristiche che delineano questo equilibrio ovvero, viceversa, una dismorfia che, se non voluta e perseguita nelle intenzioni dell’esecutore, riscontrabile o meno, cioè, in altre opere della stessa tipologia, pregiudica la qualità artistica dell’opera stessa.

Armonia compositiva

L’assenza di elementi che concorrono ad uno spiazzamento percettivo, la mancanza di elementi irrituali, forzati, arbitrari, erronei… concorre a delineare un senso di fine armonia che è immediatamente percettibile, quanto invece la sua assenza, la fa immediatamente rimpiangere.

Sintesi compositiva

L’assenza di ridondanza, platealità, rigonfiamento versus il gesto severo, essenziale, sintetico perché necessario e nulla più. L’impressione forte a prima vista di un’opera che non abbonda di nulla e contemporaneamente non necessità di niente.

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Kongo, bell

Sicurezza esecutiva

L’assenza di incertezza nei tagli, la sicurezza dell’intaglio, la forza di una scelta senza pentimenti, titubanze, timori, sono elementi fondamentali nell’espressione complessiva della Spontaneità esecutiva e sono patrimonio dei grandi fabbri della scultorea africana.

Coerenza compositiva

Capita di osservare manufatti in cui alcuni elementi incongri disturbino un’armonia compositiva apparentemente prossima, ma compromessa da un qualcosa che non c’entra per nulla con quella storia. E’ un aspetto che non si coglie senza un’esperienza diretta del vedere e maneggiare per lungo tempo gli oggetti.
Se tutta una composizione, per esempio, è volta all’esaltazione dell’interiorità e del ripiegamento, cme si concilia quel guizzo spropositato di un braccio o di una gamba o di qualcosa d’altro?

Coerenza strutturale

Mi riferisco alla valutazione di tutti quegli elementi concreti che costituiscono l’opera oggetto di valutazione: legno, metallo, terracotta, avorio/osso, tessuto, conchiglie, perle, vetro, faïance, penne/piume, resina….
Ma anche all’utilizzo di pigmenti colore e dell’aspetto dimensionale dell’opera, cioè la sua altezza, il suo peso ed il suo ingombro.
Ognuno di questi elementi ha una sua specifica coerenza che va valutata attentamente a partire in primis dalla patina dell’oggetto, elemento questo che necessita di una approfondita valutazione.

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Songye, Congo

Proporzione e disproporzione

E’ un elemento alquanto difficile da definire, ma è necessario tenerlo presente. Mi riferisco alla necessità fondamentale di non ridurre la considerazione delle proporzioni formali e volumetriche di un oggetto, a banali considerazioni proporzionali occidentali.
Mi spiego con un esempio. Certe dismorfie presenti nella scultorea camerunense o nigeriana, per dirne due, certe soluzioni facciali grottesche, ghignati, esagerate…sono volute dall’esecutore e pertanto non vanno a pregiudicare la qualità dell’opera. Insomma, c’è proporzione anche nella disproporzione e questo fatto non va affatto dimenticato!

(continua)

Materiali

La qualità dei MATERIALI per esempio, è un ambito che parrebbe interessante esplorare. Legno, metallo, terre, pietre…si ma quali? Ogni latitudine evidenzia caratteristiche proprie e di conseguenza non è pensabile ridurre ogni fattispecie a legno o genericamente a metallo.

Un’attenta classificazione delle svariate tipologie forse consentirebbe un orientamento più sicuro sul terreno dell’attribuzione e della datazione.

Ipotesi, progetti, qualcosa da fare…prima…o poi!

Idee

Non mancano, se ci ascoltiamo, progetti che vorremmo avviare, ipotesi e percorsi che vorremmo percorrere fino all’esito sperato, iniziative pratiche e teoriche di vasto respiro.

Questa sezione è dedicata a questo: e nulla conta se l’esito di un progetto o di una ricerca non saranno quelli sperati.

Il percorso, spesso, è più ricco della meta e non sempre arrivare è segno di saggezza.