Intendo concludere la mia personale ricerca relativa all’ermeneutica simbolica ed artistica dell’Arte Africana, iniziata con Lasciando lo scuro all’oscuro…(https://artidellemaninere.com/2016/05/06/lasciando-loscuro-alloscuro/) e proseguita col lavoro L’homme qui était sorti de notre mémoire avant d’y entrer ( https://artidellemaninere.com/2016/05/19/lhomme-qui-etait-sorti-de-notre-memoire-avant-dy-entrer/), sottolineando, a mio parere, una caratteristica che connota la lettura di tali manufatti artistici.
Bamana Ritual, Mali, Early 20th Cen, Photographer Unknown.
In altro contesto, Roland Barthes ha sottolineato un elemento che, se osservato con attenzione profonda, ricorre nella visione di ritratti fotografici.
Questo elemento è l’irriducibilità, vale a dire, la persistenza e la permanenza di quell’elemento fisiognomico ed espressivo che travalica l’età del soggetto e lo connota in maniera unica e peculiare.
Un elemento questo che, fin da bambino costituisce l’impronta unica ed inimitabile di quella tal persona che lo accompagnerà per tutta la sua esistenza e che, se ricercato con attenzione, si potrà riscontare in ogni immagine fotografica del soggetto ad ogni età della sua vita.
Per analogia, anche nelle produzioni artistiche dell’Africa, un elemento irriducibile è sempre riscontrabile e costituisce l’impronta culturale, stavo per dire genetica, di un determinato popolo, di ogni specifica etnia.
Tale caratteristica irriducibile non è una considerazione di facile descrizione. In questi casi, forse è opportuno agire per eliminazione, vale a dire escludendo ogni elemento fasullo relativo al concetto stesso di irriducibilità. Probabilmente, con una siffatta modalità sarà più facile definire i suoi elementi costitutivi fondamentali.
A Bayaka man wearing a mask for a ritual in the Belgian Congo, 1947. Photograph by Eliot Elisofon.
L’Irriducibile non è la ripetizione. Il fatto di costituire una caratteristica insita nella produzione artistica, persistente e riscontrabile, potrebbe suggerire ad alcuni che si tratti banalmente di ripetizione, vale a dire la mera e banale trasposizione del medesimo canone artistico ripetuto ad oltranza. Questo è in parte vero, ma solamente ed unicamente in presenza di manufatti non autentici, copie o falsi, dove la ridondanza del canone, sovente mal interpretato, è rieditato all’infinito senza anima e senza alcuna spontaneità esecutiva. Irriducibile, al contrario, è l’insieme di quegli elementi che connotano sic et simpliciter l’arte di un popolo rendendo uniche ed inimitabili le sue produzioni artistiche. Sia che si tratti di una particolare postura, l’espressione del volto, ovvero la modalità realizzativa di singoli particolari fisiognomici; questi elementi connotano una specifica produzione in una tale peculiare modalità che la rende riconoscibile, pur nello sterminato universo di centinaia e centinaia di etnie, ovvero di ambiti culturali, che hanno costituito il mondo dell’arte classica africana.
Bakuba tribesman of Kasai Province, Belgian Congo, 1947 by Eliot Elisofon
L’Irriducibile non è la ridondanza. Al contrario, l’innaturale ipertrofia ed esagerazione di forme e volumi, anziché avvicinare il concetto di irriducibile, lo allontana drammaticamente. Come non vedere in quelle esagerate forme il puerile e grottesco tentativo di riprodurre l’originale , la volontà di strafare per rendere credibile quanto di più osceno esiste nell’arte: la falsificazione a fini eminentemente commerciali.
Igala ritual mask ‘Egwu Agba.’ Taken from the book ARTS DU NIGERIA, Reunion des musée nationaux Paris 1997. Photograph by J.Boston
L’Irriducibile non è la complessità. Proprio perché insito nella cultura di un specifico popolo, l’elemento irriducibile delle produzioni artistiche si promana naturalmente, direi spontaneamente; non è necessaria una complessa artificiosità per imporre le proprie peculiari caratteristiche! Ciò non implica però confondere la spontaneità con la banalità dal momento che anche la più semplice maschera o scultura sono espressione di quei profondi significati simbolici che ho descritto in precedenti lavori.
Chockwe Ritual, Angola, Early 20th Cen.
L’Irriducibile non è dislocabile. Dal momento che esso è l’anima espressiva di una specifica cultura, l’elemento irriducibile non è altrove dislocabile perché insito in quel determinato popolo che connota una specifica regione geografica. Certamente, dal momento che nessun microcosmo sociale e culturale è da considerarsi un’entità chiusa, impenetrabile ed impermeabile, sono da considerarsi come comuni le influenze tra popolazioni viciniori e di conseguenza sono numerose le opere nate dalla confluenza di canoni stilistici di popolazioni diverse, ma di contiguità territoriale. Addirittura, in rare situazioni, la produzione dei manufatti artistici di un determinato popolo era appaltata ad abili intagliatori di altre etnie, ma ciò non toglie nulla al fatto che l’elemento caratterizzante ed irriducibile appartenga soltanto ad uno specifico popolo e non sia pertanto dislocabile altrove. Anche nelle opere cosiddette di “contaminazione” infatti, è pur sempre riscontrabile quell’elemento che ho definito irriducibile, accanto a riferimenti di culture vicine, ma diverse per storia e cultura.
Ibibio Masquerader, Nigeria, Early 20th Cen. Photograph by G.I. Jones
L’Irriducibile non è che l’Irriducibile. Cosa rimane di tale definizione dopo l’analisi di quello che esso non è? Cosa perdura di tale concetto? A mio parere quel che si impone è l’elemento unico che travalica ogni aggettivazione e si caratterizza come “la cosa in sé”, das Ding an sich di kantiana memoria, vale a dire, quel che rimane al di là di ogni spoliazione estetica e concettuale. Al fondo, l’anima è pur sempre visibile e connota irriducibilmente quella specifica cultura.
Tale è l’irriducibile!
Elio Revera
Bameleke costumed ritual dancers, Cameroon, circa 1930’s. Photographer unknown.