Regione settentrionale della Repubblica Democratica del Congo con l’indicazione dei principali popoli citati nell’articolo. Courtesy “Ubangi. Art and cultures from the african heart land”, 2007, Jan Lodewijk Grootaers ed.
Nel primi decenni del secolo scorso, nelle regioni settentrionali del Congo, sono sorte alcune associazioni chiuse (ed in seguito segrete), con organizzazione, direzione, gradi e riti di iniziazione, per la pratica assembleare della magia: Biri, Nando, Kpira, Siba e Wanga. Il loro scopo era la celebrazione dei riti magici, in particolare di quelli legati alla preparazione, soministrazione e diffusione di preparati curativi, pozioni medicamentose, fiale dagli effetti ritenuti magici. Tra queste, forse la più importante ed articolata è quella del Mani, certamente la più conosciuta, che differisce dalle altre soltanto per il tipo di medicine utilizzate e per alcuni rituali d’iniziazione. Originaria del Sudan o, secondo altri, sorta tra i Banda della Repubblica Centrafricana.
Mani est un culte d’initiés au génie Yanda qui comporte, chez les Zandé comme chez les Nzakara et les Banda, trois degrés d’initiation. Les Banda ont, m’a-t-on dit, des statuettes ; les Nzakara, à ma connaissance, n’en ont pas. (H. Burssens, 1962)
Yanda Zande, Courtesy Sotheby’s
Infatti la setta del culto Mani utilizzava durante le cerimonie segrete le statuette Yanda e maschere realizzate in modo piuttosto approssimativo. “Le secte Mani, qui a été organisée pour combattre le pouvoir, se sert au cours de ses cérémonies secrètes de sculptures Yanda…La secte Mani se sert également de masques taillés assez grossièrement”. (L’Afrique noire: Histoire et Culture, P. Salmon et Alii, 1976)
Yanda, Courtesy Bruno Claessens
Edward E. Evans-Pritchard che ha svolto, tra il 1926 e il 1930, il lavoro sul campo tra gli Zande ( o Azande) dell’Uele, ai confini con la Repubblica Centrafricana, in riferimento alle associazioni segrete, scrive “La prudenza dovrebbe essere opportuna nel cercare di spiegare l’introduzione nella terra zande delle associazioni chiuse. Possiamo tuttavia affermare che non solo sono state introdotte a seguito della conquista europea del paese, ma sono anche funzioni della dominazione europea e indice del crollo della tradizione“. (Stregoneria, oracoli e magia tra gli Azande, 2002).
” Censée protéger le dignitaire du Mani qui la possèdait, elle pouvait grâce à des rituels, libérer sa puissance de manière négative si l’on désirait provoquer la maladie ou la mort” (Détours des Mondes).
“Among the Azande, witchcraft is considered to be a major danger. They believe that witchcraft can be inherited and that a person can be a witch, causing others harm, without realising her or his influence. Because of this danger, effective means of diagnosing witchcraft are, for them, vital. One method is through the use of an oracle. Several kinds of oracles are explored in the film, the most important being benge, a poison which is fed to baby chickens. The chick’s death or survival provides the oracle’s answer. Azande also use benge to judge other evidence in a court before a chief. (B. Claessens)
Film a cura dell’antropologo John Ryle e del regista André Singer, Courtesy “Witchcraft among the Azande for Granada Television’s Disappearing World series”.
Come per quasi tutte le società segrete, anche il culto Mani contemplava vari gradi di iniziazione, ai quali si accedeva in virtù di rituali che prevedevano sostanzialmente l’acquisizione di nuovi medicamenti e di conseguenza il potenziamento del potere magico. Erano rituali estremamente articolati e complessi e costituivano l’essenza dell’associazione, alla quale potevano accedere anche le donne. Da associazione chiusa, in conseguenza dei divieti coloniali e dell’opera dei missionari, si è in seguito strutturata come società segreta, custode del sapere magico ed ostile al potere costituito. Prima dell’intervento europeo, si sapeva chi fossero i suoi membri, i luoghi del culto e quando avvenivano le riunioni…oggi tutto è “sprofondato nella più assoluta segretezza”. (E. E. Evans-Pritchard)
Di alcune popolazione di queste regioni e delle loro tradzioni mi sono occupato in altri lavori ( https://artidellemaninere.com/2015/02/15/laggiu-nellubangi/).
In particolare, per quanto attiene la loro magica religiosità, si veda l’articolo: https://artidellemaninere.com/2015/12/16/wama-e-mbu-i-due-contendenti-dellubangi/
Uno di questi popoli, i Ngombe, siti nella regione dell’Ubangala, a sud dell’Ubangi, non sono raffinati scultori, ma realizzano diversi tipi di oggetti, tra cui figure che ricordano quelle dei vicini Ngbandi e Ngbaka. Alcune sono piuttosto semplificate e stilizzate, mentre altre hanno forme più naturalistiche. Le differenze di aspetto sono attribuibili alle diverse origini ed alle diversificate usanze. Infatti questo popolo si estende su di un’area molto ampia e le loro creazioni hanno caratteristiche peculiari, collegate a culti e pratiche specificamente locali. (M. L. Felix, 1987)
Ngombe mask, coll. privata, Belgio
Il popolo Ngombe produce anche maschere, ma queste maschere sono molto rare e spesso sono confuse con le maschere Ngbaka o Ngbandi. Poco si sa sull’uso delle maschere da parte Ngombe; forse erano utilizzate nell’ambito rituale del culto del Mani, diffusosi nei primi decenni dl secolo scorso tra gli Zande ed in seguito, in tutte le regioni del Congo settentrionale.
Ngombe mask, Courtesy Dorotheum
Il culto pertanto, e gli oggetti ad esso legati, giunsero negli anni successivi tra la popolazione Ngombe.
Maggiormente conosciuti nella loro produzione sono i seggi di legno denominati ekele, (spesso ricoperti di borchie di ottone che disegnano raffinati decori) e le armi, da taglio, autentiche creazioni artistiche dei fabbri Ngombe.
Ngbaka o Ngombe, Courtesy Sotheby’s
Seggio Ngombe, Ekele
Alcune tra le armi da taglio degli Ngombe
Capo Ngombe con gli attributi del rango
La varietà dei culti e dei riti utilizzati dalle popolazioni di queste regioni dell’Africa equatoriale è assai vasta e misteriosa; di fatto lo stato delle nostre conoscenze poco aggiunge al testo di Evans-Pritchard ” Witchcraft, Oracles and Magic among the Azande” pubblicato nel 1937.
Un recente valido contributo, però, è contenuto nel lavoro edito da Jan Lodewijk Grootaers che, grazie al lavoro di vari studiosi, ha approfondito la conoscenza dei popoli dell’Ubangi, soprattutto quella delle loro produzioni artistiche: “Ubangi. Art and cultures from the african heart land”, 2007, volume edito in occasione all’omonima mostra all’Afrika Museum di Berg-en- Dal, (ottobre 2007/marzo 2008).
Elio Revera