Il culto delle reliquie

Una comune rappresentazione, sia pur con significati simbolici alquanto diversificati, accomuna l’Occidente alle culture primordiali: la conservazione di ossa umane ed i culti ad esse legati.

Questo fenomeno ha attraversato l’intera cultura occidentale già a partire dal tardo cristianesimo del IV e V secolo.

L’importanza delle reliquie, infatti, alimentò un’universale ricerca, in particolare con il diffondersi del culto dei santi.

Umberto Eco nel suo romanzo Baudolino ci ha lasciato la descrizione dello spirito avventuroso di quel tempo dove la ricerca delle sacre reliquie costituiva, per alcuni, un ineludibile impegno morale.

Come ci ha ricordato Adriano Favole, “cariche di un loro carattere ambivalente, oscillante tra presenza ed assenza, vita e morte, tra corporeità e spiritualità, le ossa divennero potenti simboli nell’immaginario collettivo” (J. Goody, 2000).

 

S.Trifone martire a Cerignola

Reliquie di S.Trifone martire  a  Cerignola

 

Non ha importanza se quelle reliquie fossero autentiche, cioè appartenenti realmente al corpo di un santo; era talmente forsennato e diffuso il desiderio di possederle che spesso quei resti umani nulla avevano a che fare con colui che si venerava.

Ambitissima, per esempio, era la sepoltura insieme ai resti del santo o, nel caso, nei pressi di tale reliquia. Ciò costituiva infatti un enorme privilegio e garantiva, nell’ingenuo immaginario, la garanzia di eterna salvezza.

Per queste sepolture, definite ad sanctos, ad martyres, inter limina martyrum, si era disposti a tutto pur di godere della presentia et potentia del sacro reperto.

A proposito della reliquia del santo, ha scritto Sofia Boesch Gajano: «…questa diviene strumento di potere. Si tratta di un potere “interno”, immanente, assimilabile a forme animistiche, una sorta di “mana”; ed un potere “esterno” o sociale, nel senso che la reliquia conferisce un potere all’individuo, alla comunità, all’istituzione che la possiede».(La santità, 1999)

Durante tutto il medioevo cristiano si assistette alla ricerca di resti sacri; si diffusero i pellegrinaggi nei luoghi in cui si riteneva fossero custodite le ossa oggetto di culto e soprattutto, si sviluppò un imponente traffico e scambio di vere o presunte sacre reliquie.

Questa ultima pratica, peculiare in Europa, è del tutto sconosciuta nelle culture primordiali dell’Africa.

 

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Photo Jean d’Esme, 1931.

 

Nell’area dell’attuale Gabon, Guinea Equatoriale, come nel sud del Camerun ed in Congo Brazzaville, tra i popoli Fang e Kota, il culto degli antenati mediante la conservazione dei resti umani, costituì un aspetto fondamentale della loro specifica ritualità. (Per i culti Fang si veda, https://artidellemaninere.com/2016/01/15/fang-una-testa-per-lantenato/  e per qualli Kota, https://artidellemaninere.com/2015/08/10/testa-e-croce-nelle-cultura-funeraria-kota/).

Ma, a differenza di quanto avvenne in occidente, le ossa conservate appartenevano unicamente ai defunti del proprio clan famigliare e mai, e per nessun motivo, divennero oggetto di commercio o di scambio.

 

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Ciò che conferiva significanza simbolica a quei resti umani era la devozione verso i propri antenati ed il legame prioritario destinato a perpetuare il clan, a garantirsi protezione, ad interrogare e ricevere indicazioni dagli antenati nei momenti difficili.

Questo specifico culto degli antenati è denominato “byeri” e designa sia il rituale che gli oggetti necessari per il culto stesso.

«Le culte des ancêtres utilise exclusivement les cranes des proches parents, en premier lieu du père, puis de la mère, enfin de l’oncle paternal, etc. Quelques semaines ou mois après l’enterrement, ils sont exhumés et nettoyés. Si l’on n’a q’un seul crâne, il n’est pas racommandé de le garder seul, car les “bienheureux” ne se trouvent en harmonie q’en compagnie de leurs pairs; il vaut mieux confier ce crâne à d’autres membres de la famille qui pratiquent le même culte». (G. Tessmann, 1913)

 

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Due byeri Fang betsi in situ, Hans Gehne, 1910 ca

 

Erano riti molto complessi, in parte ancora sconosciuti, che utilizzavano oggetti appositamente creati per questo scopo, come i contenitori/panieri cilindrici delle ossa, che divenivano di fatto delle vere e proprie urne mortuarie. Il contenitore/paniere (byeri), presso i Fang, era sormontato da una testa lignea, ovvero da una figura antropomorfa, a differenza delle figure lignee dei Kota che erano astratte e rivestite di metallo (mbulu-ngulu).

I crani interi o le calotte craniche, denti, alcune ossa degli arti, raramente le vertebre e mai le costole o le ossa del bacino, potevano essere decorate, come il contenitore/urna e la scultura che lo sormontava. Questa urna era conservata in un angolo buio della dimora, affidata alla vigilanza di un anziano, che la costudiva e proteggeva dalla curiosità e dall’imprudenza. La potenza del clan derivava dall’alto numero dei crani, quale testimonianza dell’ alto lignaggio parentale.

 

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Byeri Fang, coll. Grebet

 

Pur con le medesima significanza simbolica la figura del Mbulu-Ngulu dei Kota (Gabon e Congo Brazzaville) «était donc bien une “image”, le rèpere visuel d’un monde où les ancêtres continuaient à veiller (en bien ou en mal) sur leurs descendants, et non pas une figure sacrée par elle-même. C’était dans les villages un “outil” essentiel à la survie des groupes, une sorte de “médium” qui permettait une communication recurrent et interactive entre les vivants et les morts. Chacun savait bien sûr, que l’effigie n’était que du bois et du metal, mais aussi q’elle était au contact même des reliques des défunts, le costituant essential et proprement sacré des paniers-reliquaires». (L. Perrois, 2012)

 

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Kota, Charles- Stephen Chauvet, L’art funeraire au Gabon, 1933

Come si vede, le differenze tra occidente e popoli primordiali africani, in quello che abbiamo definite culto delle reliquie, non sono di poco conto.

Da un lato la rappresentazione del culto avviene su di un piano essenzialmente pubblico, ed è connotata da reliquie impersonali appartenute a personaggi considerati degni di devozione; dall’altro, il culto si manifesta con modalità private, mediante i resti umani appartenenti unicamente agli antenati della propria famiglia.

L’assenza poi di una qualsivoglia mercificazione dei resti è ciò che differenzia ulteriormente il culto delle reliquie in Africa versus Europa.

In Europa infatti la reliquia del santo, non appartenendo al clan famigliare, divenne inevitabilmente oggetto di commercio e di scambio, con tutte le connotazioni negative che questa reificazione comporta: il simulacro di un’astratta devozione, confinante sovente in un pagano feticismo.

Affatto impersonale, le reliquie dei popoli primordiali hanno sempre mantenuto, al contrario, le peculiari caratteristiche della devozione domestica, destinata a rafforzare il legame tra i viventi ed i loro antenati in uno scambio di intensa partecipazione.

Poi, saranno i popoli civili i distruttori di quelle culture, con la forza della loro fede, giustificata dalla chiesa cristiano-cattolica mediante la teologia del semina Verbi e la pretesa di un’unica ed assoluta verità: la loro!

 

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Mbulu-Ngulu Kota, ex. coll. Arman

 

Elio Revera

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