La voce del cacciatore

Per i popoli primordiali di ogni latitudine la caccia è sempre stata una delle principali fonti di approvvigionamento, sia che fosse praticata individualmente o in gruppo. Tutti ricordiamo le mirabili pitture paleolitiche della grotta di Altamira a Vispières, vicino a Santillana del Mar, (Santander in Spagna).

Ritorno sul tema della caccia tra i popoli dell’Africa perchè questa attività, di fondamentale importanza per la vita dei villaggi, è altresì un significativo  rituale di condivisione dei valori propri dell’etnia di appartenenza, oltre ad essere una grande occasione di solidarietà e socializzatine per i clan familari. Per la caccia sono stati realizzati raffinati manufatti, in particolare presso agli Yaka, Holo, Pende, Chokwe, Kongo, per citare alcuni tra i principali popoli sud-occidentali del Congo.

In questo lavoro saranno i manufatti Yaka ad essere presi in considerazione. Sull’argomento si veda: https://artidellemaninere.com/2016/12/09/hunting-charms-a-caccia-con-lamuleto/

Riassumo il pensiero di Arthur P. Bourgeois a proposito della cultura Yaka.

Hunting whistles are used by the leader of a hunt to alert other hunters and to call his dog(s). He will use it to guide, warn or inform the hunters, with these signals they could communicate across long distances, a side extension is used to modulate the tone (by means of half stopping the hole or holes of quite complicated utterances in the language of whistle-speech). The associated image protects the hunter from harm and brings luck to the venture and are also a prestige object, a reason why they are carved with great care and attention to detail. Whistles are particularly used at the height of the dry season for a grand collective hunt, driving the game into an enclosure of long nets often using a wall of fire.The common name for these whistles is musengo. Depending on its shape, they will have more specific names. The elongated ones with a separate side extension with a single modulating hole: kondi-kondi (ki-suku) or yimbila (ki-yaka); of spherical shape but with a similar although shorter side extension and modulating hole: ndemba. (Arthur P. Bourgeois)

Yaka, yimbila, Piet Blanckaert, Belgium


(Il fischietto da caccia è usato dal leader del gruppo per allertare gli altri cacciatori e per richiamare i cani. E’ utilizzato per guidare, avvertire o informare i componenti della battuta di caccia che con questi segnali comunicano a lunghe distanza. L’estensione laterale viene utilizzata per modulare il tono, attraverso espressioni sonore abbastanza complicate del linguaggio di whistle-speech. Il fischietto, inoltre, protegge il cacciatore dai pericoli e porta fortuna all’impresa; è anche un oggetto di prestigio, motivo per il quale è scolpito con grande cura e attenzione ai dettagli. I fischietti sono particolarmente usati al culmine della stagione secca per una grande caccia collettiva.
Il nome comune per questi fischietti è “musengo”. A seconda della sua forma, avranno nomi più specifici. Quelli allungati, (come quello a sinistra), con prolunga laterale separata con un unico foro modulante: kondi-kondi (ki-suku) o yimbila (ki-yaka); di forma sferica ma con un’estensione laterale simile anche se più corta e foro modulante: ndemba)

Yaka, ndemba, William Brill, New York, USA, coll.

Che questi manufatti fossero oggetti di prestigio lo dimostra la cura con cui son stati scolpiti. Il sifflet infatti, quando non utilizzato durante la caccia, era impiegato come amuleto dal momento che le misure (che erano di norma comprese tra i 9 ed i 16 cm.) consentivano di appenderlo al collo.

I fischietti degli Yaka hanno solitamente sulla loro sommità la rappresentazione di una testa antropomorfa. Nella cultura di questo popolo è data grande importanza ai cinque sensi ed in particolare a quello dell’olfatto. Infatti, la bocca è sempre aperta, come pure gli occhi, le orecchie sono piuttosto prominenti e, soprattutto, il naso è lungo e spesso arricciato ed è la caratteristica stilistica più evidente di tantissime opere degli Yaka, maschere e sculture comprese. Ma cosa rappresenta questa enorme e dismorfica appendice, a volte arricciata fino a toccare la fronte all’altezza degli occhi?

Yaka, Coll. privata sconosciuta

Sono diverse le interpretazioni che si riferiscono a questo particolare anatomico. C’é chi pensa che ricordi la proboscide dell’elefante, oppure altri animali dotati di forti prominenze. Per quel che mi riguarda concordo con R. Devisch, il quale scrive che il senso dell’odorato per questo popolo rinvia all’odore corporale, alla nozione di seduzione ed al desiderio sessuale (1993).

Inoltre, sempre nell’interpretazione di Devish, la linea circolare disegnata dal lungo naso , può far riferimento alla corsa cosmica del sole ed al suo potenziale fecondante di cui la pioggia ne è il risultato (1995). Un riferimento questo, al magico rapporto con le forze della natura, benefiche in alcune circostanze, ma ostili e devastanti in altre.

E non si adombri il lettore del civilissimo occidente per l’ipertrofia riservata dagli Yaka al gusto dell’olfatto. Insigni pensatori da Kant a Leopardi, dai poeti e dai trobadori del dolce stil novo del sec. XIII, a Brillat-Savarin, per non citare, poi, il padre dell’evoluzionismo Charles Darwin, hanno considerato l’olfatto come uno dei sensi più coinvolti nell’anima e nello spirito dell’esistenza. Giusto la Chiesa, al contrario, ha riservato all’olfatto epiteti poco lusinghieri degradandolo ad odore, perlopiù negativo, come ci ricorda Marino Niola… il tanfo del peccato, il fetore del paganesimo, il puzzo dell’inferno e via delirando!

In alcuni casi al fischietto è unito un corno animale, che potenzia il vigore e la forza durante le battute di caccia.


Yaka, Coll. Joseph Christiaens, Brussels, Belgium

Come detto, altri popoli hanno fatto di questo oggetto delle autentiche creazioni artistiche.

Tra questi i Chokwe, insuperabili maestri nella creazione di piccole sculture. Il loro whisle era denominato kasengosengo.

Chokwe, kasengosengo, coll. Privata Malmo, Svezia
Chokwe, kasengosengo, coll. Didier Claes, Belgio

Non meno capaci, i Pende, che hanno utilizzato anche l’avorio nella realizzazione dei sifflets.

Pende, William Brill, New York, USA, coll.

Lo stesso prezioso materiale, che pure gli Yombe del Congo hanno adoperato per creare questo antico sifflet con la rappresentazione dello schiavo, sacrificato alla riuscita della caccia. Un piccolo capolavoro di bellezza ed audacia pur in un contesto di violenza rituale, che ai tempi appariva naturale.

Yombe, nsiba. Già Coll. Umberto Giacomelli, coll. privata Italia

Questo whistle denominato nsiba, risalente al XVII-XVIII sec. proviene presumibilmente dalla Corte dell’antico Regno di Loango, stante la sua intrinseca qualità. Normali fischietti , infatti , erano realizzati con materiali ritenuti più poveri. Il prigioniero indossa una cintura ed un collare, i polsi legati dietro la schiena, simbolo della sottomissione alla potenza dello spirito dello nkisi.

Elio Revera

Il Regno di Loango in un’antica mappa tratta dal libro “Histoire de Loango-Kakongo et autres royaumes d’afrique” dell’abate Lievin-Bonaventure Proyart , 1776

Courtesy all’African Heritage Documentation & Research Centre di Guy e Titus van Rijn per le immagini contenute nell’articolo.

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