Nel mosaico delle popolazioni dell’Ubangi, l’estrema regione equatoriale a nord della Repubblica Democratica del Congo e del Camerun orientale, gli Gbaya occupano territori che travalicano i confini ufficiali degli stati e sono generalmente considerati un popolo dell’area meridionale della Repubblica Centrafricana. Rari sono i riscontri su di loro, spesso confusi con altri vicini.

Anche la loro produzione artistica è poco conosciuta e descritta.
Günter Tessmann, un esploratore ed etnologo tedesco dell’inizio del Novecento, raccolse e disegnò poche grandi statue di questo popolo, da lui ritenute figure di antenati.

Maschera zoomorfa Gbaya. Repubblica Centrafricana. Legno pigmento, altezza cm.56, Parigi, Musée du quai Branly-Jacques Chirac, inv. 71.1935.6.115-548141
Questa stupefacente maschera, che probabilmente era posta sul capo del danzatore, è stata raccolta dal tenente Paul Charreau agli inizi del secolo scorso, nel distretto di Koundé, sede della milizia militare francese, nella Repubblica Centrafricana, al confine con il Camerun.
Unico esemplare conosciuto, rappresenta una testa animale con le corna volte in avanti, una posizione antinaturalistica. L’opera è di una concezione formale e di una condensazione volumetrica a dir poco sbalorditive.
Come un popolo isolato nella foresta equatoriale sia riuscito a concepire una siffatta crasi artistica, rimane un mistero. In poco più di cinquanta centimetri la scultura sviluppa una formidabile sintesi concettuale che partendo da un’immagine naturalistica, quella della testa dell’animale, la scompone, la prosciuga, la rende archetipica del bovino, mai così raffigurato se non nelle opere delle avanguardie artistiche del novecento, che di simili soluzioni sono ampiamente debitrici.

Gbaya people
Elio Revera
Si ringrazia la casa editrice Skira. Le infomazioni sono tratte da un mio lavoro pubblicato sul volume Ex AFrica. Storie e Identità di un’arte universale, Milano, 2019