Nella variegata produzione artistica del popolo Baoulé della Costa d’Avorio, uno spazio rilevante è costituito dalle statuette lignee denominate gli sposi dell’altro mondo, les époux de l’outre-monde, vale a dire dal una figura maschile o blolo bian e da una femminile o blolo bla.
Sono sculture che misurano da 10 ai 70 cm circa, rappresentate generalmente nella loro nudità, di sesso maschile o femminile.
All’interno della complessa cosmogonia e ritologia del popolo Baoulé della Costa d’Avorio, infatti, gli sposi dell’altro mondo occupano un rilevante spazio sia per quanto attiene alla dimensione religiosa che a quella della vita quotidiana.
Da non confondere con l’aldilà cristiano-giudaico, quello dei Baoulé costuisce in estrema sintesi, una vita parallela a quella reale, priva delle pene quotidiane insite nella vita di tutti i giorni.
Un luogo più o meno identico a quello terrestre dove hanno luogo le stesse attività, ma dove tutti conoscono gioia e benessere.
Lo sposo dell’altro mondo o blolo bian e la sposa o blolo bla, costituiscono pertanto le figure ideali di quello spazio parallelo e ne incarnano l’ideale di bellezza, sovente con le fattezze ed il viso adolescenziali o addirittura di puer, motivo che forse ha originato l’equivoco in alcuni autori circa la destinazione di tali oggetti ai giochi dell’infanzia ( M.Delafosse, 1902).
Questa organizzazione simbolica è estremamente rigorosa e prevede, tra l’altro, che un uomo possegga unicamente una blolo bla, vale a dire la figura della sposa ideale ed una donna, di converso, un blolo bian, ovvero lo sposo ideale.
A fronte dei quotidiani problemi, essenzialmente di ordine relazionale, amoroso o sessuale, ovvero problemi legati alla sterilità o all’impotenza, i Baoulé ricorrono al devin il quale, dopo aver individuato l’origine della collera del blo bian, se ad interpellarlo è una donna o della blolo bla, quando a chiedergli il consulto è un uomo, impartisce loro di far scolpire una statuetta, interprete terrestre degli abitanti dell’altro mondo e dà loro indicazioni molto precise circa la sua realizzazione come la dimensione, il colore, la postura, la posizione delle mani etc…
(Courtesy A.M. Boyer, “Baule”, Visions D’Afrique, 5 Continents ed.)
Una volta realizzata tale scultura, generalmente ad opera di un fabbro più o meno rinomato, a seconda del censo e delle conseguenti possibilità economiche di chi la commissiona, essa è accolta come se il blolo bian/ blolo bla fosse disceso sulla terra per ritrovare la sua sposa o il suo sposo terrestri.
A questo punto, le cure per la statuetta sono quotidiane e soggette ad una ritologia lunga e complessa destinata alla riconciliazione con lo sposo o la sposa ideali e che sostanzialmente termina soltanto con la morte dello sposo/a terrestre. Solo a quel punto, infatti, la statuetta cessa la sua funzione simbolica e può essere eliminata, spesso gettata nella foresta o sulla stessa tomba del possessore.
La statuetta è conservata di norma nella camera del suo possessore: è nutrita simbolicamente con impasto di igname mischiato ad olio rosso (l’igname è una pianta coltivata a scopo alimentare per via dei tuberi ricchi di amido), sfregata con caolino e burro di karité e soggetta ad offerte e rituali di vario genere che nel corso degli anni ne modificano la superficie determinando la caratteristica patina d’uso.
Quale rappresentazione di una riconciliazione simbolica tra mondo reale ed ideale, qualora i problemi continuino a persistere, il ricorso nuovamente al devin è inevitabile e questi commissionerà una nuova statuetta realizzata da uno scultore più abile, spesso di un altro villaggio, in grado, questa si, di mettersi in relazione con il blolo bian o la blolo bla per la soluzione dei guai che affliggono lo sposo o la sposa terreni.
Les époux de l’outre-monde non sono pertanto bambole o statuette destinate ai bambini e nemmeno riproducono le fattezze del loro possessore: sono al contrario effigi concrete che incarnano simbolicamente la bellezza e la quiete e costituiscono lo strumento attraverso il quale i problemi terreni, in virtù della riconciliazione con il mondo ideale, trovano una loro positiva composizione.
Un esame attento effettuato all’interno dello Yale-Van Rijn Archive of African Art, ha evidenziato la presenza di circa ottocento figure femminili (blolo bla) a fronte di soltanto trenta o poco più esemplari maschili (blolo bian). Questa inusuale circostanza non può trovare la spiegazione nel fatto che soltanto i maschi avessero problematiche tali da dover ricorrere alla figura blolo bla; e nemmeno che tante sculture maschili siano andate perdute a fronte invece della conservazione delle numerose femminili.
La mia interpretazione, per quanto prosaica, è che nel caso di necessità tali da dover ricorrere al devin e successivamente allo scultore, soltanto le donne di censo più elevato ne avessero la possibilità e questo giustifica la presenza in Archivio di un numero così ridotto di figure maschili blolo bian , quelle figure appunto destinate ad uso esclusivo delle donne.
Infatti, pur se l’orgaizzazione sociale dei Baoulé riconosce il ruolo della donna, è anche vero, come ha scritto C. Meillassoux, “malgré sa fonction irremplaçable dans la reproduction, (la femme) n’intervient jamais comme vecteur de l’organisation sociale. Elle disparaît derrière l’homme: son père, son frère ou son époux” (1975, pag.116).
Attraverso le parole dirette di Alain-Michel Boyer, che si riferiscono all’arte scultorea dei Baoulé, possiamo esaminare da vicino le caratteristiche plastiche di un’antica scultura maschile blolo bian appartenuta alla collezione di Robert Courtois ( Bruxelles).
La scultura, di intensa espressività, misura 46,5 cm e reca sulla sua superficie le tracce delle prolungate e amorevoli cure a cui è stata sottoposta da parte donna che l’aveva in custodia.
Scrive Boyer:
“Comme beaucoup de productions africaines, la statuaire Baoulé se caractérise par le grossissement de la tête et la diminution des membres inférieurs.
Le cou, longiforme, comporte souvent quelques plis ou rides, signe de beauté chez les femmes pour les Baoulé…sur le visage, on observe généralement la juxtaposition de deux lignes qui, au-dessus de lourdes paupières, suivent l’arc des sourcils pour se réunir à la racine d’un nez fin et droit…la bouche, toujours légèrement projetée en avant se prolonge parfois par des scarifications qui prennent naissance aux commissures des lèvres, pour s’arrêter au centre des joues…
La coiffure…d’une coque centrale qui forme un cimier de la crête du quel partent des lignes régulières et parallèles…
Art du signe, la statuaire baoulé l’est entierément: prenons pour exemple le cas des deux mains, réunies sur le ventre, et qui, par ce geste semblent metre en valeur l’ombilic. Cette attitude, pour les Baoulé, a une profonde signification de paix et d’alliance…
Le nombril (kotoa ou otoa) est aussi le symbole de la vie: un beau nombril doit etre légèrement proèminent, a fin de laisser devenir ce qui fut le lien charnel, avant la naissance…
Les mains semblent d’une petitesse disproportionée ne comportant souvent q’une ou deux phalanges à chaque doigt…
L’oeuvre ne se réduit pas à un simple contour, à un ordre géométrique, ou à un objet: elle est, dans un meme movement, rythme et appel, lieu de la communication et du lisible, source et énigme.”( Boyer, 1982)
Una scultura dello stesso artista è stata pubblicata da Hans Himmelheber (1934, p. 17 plate II).
Bibliografia
– MEILLASSOUX, C. 1975, “Femmes, greniers et capitaux”, 1975, Paris, Maspero
– BOYER A.M., “Miroirs de l’invisible : la statuaire baoulé”, in Arts d’Afrique Noire, n° 44 et 45, 1982-1983.
– BOYER A.M.”L’Art baoulé, dans Arts de la Côte-d’Ivoire”, Textes, tome I, Musée Barbier Mueller, 1993, p. 302-367
– RIVIÈRE M. “Arts Premiers de Côte d’Ivoire”, Saint-Maur, 1997
– VOGEL S. “L’Art baoulé du visible et de l’invisible”, Paris, Adam Biro, 1999
– BOYER A.M.”Baule”, Vision of Africa Series, 5 Continents Editions, Milan, 2008
Elio Revera