Due mirabili estetiche

La comune, lontana origine bantou, ( Neyt, 2010), mi ha sempre fatto immaginare di poter ricondurre ad una medesima estetica tribale l’arte nigeriana e quella congolese.
Non è possibile, però, ricondurre ad un medesimo alveo, se non attraverso torsioni e forzature, due estetiche talmente difformi quali sono quelle delle produzioni tribali del Congo e della Nigeria!
E’ sempre rischioso e velleitario paragonare due estetiche così importanti e di così ampia diffusione territoriale; centinaia di popoli e di località.
Proprio per questo, ben consapevole del rischio, mi limiterò a trattare soltanto uno specifico elemento di confronto.
Denominatore comune di questa breve ricerca è infatti il termine Astrazione, e specificatamente, l’utilizzo di questa modalità espressiva rintracciabile nelle due estetiche congolese e nigeriana.

In modo alquanto riduttivo, ma senza peccare di imprecisione, l’estetica congolese, ripropone un’astrazione che in ogni caso mantiene la rappresentazione del volto ( cuoriforme) o della figura umana, sia pure stilizzata o reinventata.
Nelle produzioni regionali, infatti, e forse con la sola parziale esclusione dei Lega del Kivu ( forse a causa della loro origine?), i manufatti ripropongono il viso o la figura umana, che si tratti di maschere oppure statue, che non distruggono l’immagine antropomorfa, pur con livelli di ideazione creativa e plastica che sovente sfiorano la pura astrazione. Così è in generale per le potenti figure Songye, le delicate Luba, le monumentali Hemba, Mangbetu e Tabwa, per i feticci Teke, Bembe o Yaka o per le maternità Kongo e così anche per le produzioni più stilizzate del nord, quelle dell’Ubangi ( Ngbaka, NGbandi, Gbaya…).

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Figure Songye, Congo

Il livello di astrazione cioè, non arriva quasi mai alla dissoluzione percettiva della figura che è rimodellata, attraverso canoni estetici propri e peculiari di ogni singola cultura, che alterano sì la struttura originaria della figura umana ma, nel contempo, ne garantiscono la presenza.
Siamo difronte cioè ad un’ideazione che si potrebbe definire di Astrazione Temperata.
Un’analisi accurata e specifica della figura umana e delle sue posture o gesto, è stata fatta dal museo Dapper in un’esposizione a cavallo degli anni 2002/03.
Le geste Kôngo era il titolo dell’esposizione dalla quale si evinceva, attraverso l’analisi delle posture delle sculture di quella specifica area congolese ( Kongo, Woyo, Vili, Zombo, Lumbo, Teke, Bembe …), quanto ho sopra affermato, vale a dire la conservazione dell’immagine umana pur in un contesto di temperata astrazione.

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Vili, Congo

Il motivo che riconduce ad una pur difforme, ma condivisa interpretazione della figura, è da ricercarsi a mio avviso, non soltanto nella comune antica origine, quanto piuttosto nella comunicazione interculturale e commerciale tra le varie etnie.
Lo studio e l’approfondimento interculturale tra le popolazioni di diverse etnie del Congo, quando è stato fatto, difficilmente ha interessato il gradiente estetico cioè lo studio delle reciproche influenze artistiche e dello sviluppo dei comuni ancorchè diversi stilemi artistici.

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Hemba, Figure Niembo, Congo, ex coll.Lele Lanfranchi, Jacques Blanckaert

Spesso si definiscono alcuni manufatti con il doppio nome dell’etnia per es. Luba/Kusu, altre volte si sottolineano elementi comuni, quando si legge per es. Hemba con influenze Songye, a sottolineare come i confini tracciati su di una cartina geografica siano unicamente una mera astrazione nelle vicissitudini della vita dei popoli.

Dove al contrario, il livello di astrazione certamente non può dirsi temperato, ma vibrante, è nelle produzioni tribali della Nigeria.
Ad esclusione delle opere del Regno del Bénin/Yoruba, e forse di quelle delle terre Igbo, la produzione tribale delle valli nigeriane offre un ampio ventaglio di soluzioni plastiche di un’astrazione assoluta e compatta. Si pensi ad esempio ai cimieri Ijo, alle maschere Ikwerre del Delta del Niger; ovvero alle produzioni del Cross River, Anang, Eket, Oron, Akikpo, Izzi; alle produzioni della bassa e media Benoué quali quelle degli Afo, Igala, Mama, Jukun, Mumuye, Chamba ed in fine, dell’alta Benoué e frontiera del Cameroon, quali le produzioni delle etnie Wurkun, Mambila, Kaka.

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Maschera Jukun, Nigeria

L’isolamento fisico e culturale di certe valli, compreso il frammentario contatto con la cultura occidentale ( la conoscenza artistica di certi popoli come i Mumuye è soltanto degli anni ‘60/’70), ha sicuramente favorito l’ideazione e la produzione di figure autoctone, sebbene i rapporti interculturali/commerciali siano certamente esistiti tra le varie etnie, anche in queste regioni.
In questa estetica, il livello di astrazione è sovente assoluto e la dissoluzione della fattezze umane è pressoché totale.
Non c’è più parvenza antropomorfica ed a fatica, sovente, si riscontrano elementi zoomorfi, non tali però da designare precise figure animali.

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Ijo, Nigeria, Courtesy Sotheby’s

Anche dove è possibile ravvisare una qualche figura antropomorfa, il livello di distorsione formale è talmente prevalente che è più facile immaginare figure aliene che umane. E’ il caso delle statue Mumuye o Chamba, in cui l’invenzione plastica è così potente da confondere e tale da rendere difficoltosa la lettura critica dell’opera, secondo gli schemi interpretativi noti e consolidati.

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Mumuye, Nigeria, Courtesy Fondation Beyeler

Termini quali proporzione, equilibrio formale, armonia…non trovano qui alcun impiego a meno di rigettare l’intero corpus artistico e creativo di questi popoli. Cosa che peraltro è in parte avvenuta fino a non molto tempo fa!
Al contrario, oggi, sono queste le produzioni maggiormente indagate e, per quel che vale, tra le più richieste ed apprezzate dal collezionismo.
Ne sono recenti testimonianze l’esposizione Central Nigeria Unmasked: Arts of the Benue River Valley del Flower Museum at Ucla di Los Angeles (2011) e Arts du Nigeria dans les collections françaises a cura del Musée de la civilisation del Québec (2012).

Attraverso il criterio dell’astrazione, pertanto, una prima difforme cifra stilistica è definita: l’astrazione temperata dell’estetica congolese si contrappone all’astrazione vibrante delle produzioni nigeriane.

Questa contrapposizione non intende avere uno specifico valore di giudizio estetico, ovviamente; l’attenzione al contrario, è sugli elementi autoctoni e peculiari delle variegate produzioni, nell’intento di valorizzarne le specificità ed insieme le differenze.

Lo scopo, infatti, è quello di riuscire a sviluppare un’esegesi critica in grado di fornire approfondimenti di valutazione artistica rispettosi delle specifiche ed autonome culture e produzioni, rese spesso e sbrigativamente uniformi e piatte da uno sguardo occidentale, tanto superficiale quanto avvilente.

Elio Revera

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