Quando la discendenza è mitica!

In una leggenda narrata da Joseph Cornet (A propos des statues Ndengese, in “Arts d’Afrique Noire” n. 17, 1976), una donna Dengese o Ndengese, GunjiIlunga, dopo varie vicissitudini, diede vita alla comunità maschile Totshi, i cui componenti erano caratterizzati da un copricapo in rafia intrecciata, dotato di appendici assimilabili a delle orecchie.

I Dengese, secondo un’altra storia, sarebbero discendenti da Etotoshi che sposò Mweel, sua sorella. Come spesso accade in Africa, la mitogenesi dei popoli sovrasta la loro storia e le discendenze mitiche sono pressoché la regola. Il territorio di questa etnia è situato nella regione del Kasai, al centro della Repubblica Democratica del Congo. La cultura artistica dei Dengese, pur mantenendo una peculiare cifra stilistica, è assimilabile a quella dei vicini Kuba, sebbene pare che siano stati proprio i Dengese ad arrivare per primi in quelle terre.

I divinatori erano incaricati di scoprire le streghe potatrici di malefici , tramite un rituale che prevedeva anche l’utilizzo di veleni.

Questo scettro utilizzato probabilmente dai diviner della società Dombe, sebbene non sia da escluderne l’utilizzo anche da parte dei forgerons (Botsfuji) o dalla scietà dei cacciatori (Ecoho), è anch’esso un’opera di questa etnia e rappresenta quasi un unicum nel novero dei rari esemplari conosciuti.

Sceptre Kuba/Ndengese, Congo, cm. 46, Ancienne collection Carlo Lamote, photographe cinéaste pour la télévision congolaise « Société Congovox » 1966, Photo by Michel Gurfinkel

I gruppi di rango, detentori di rilevante status, come gli adepti delle società dei fabbri e dei cacciatori amministravano il potere nei villaggi ed avevano grande rilevanza nelle celebrazioni dei riti religiosi.

Courtesy Metropolitan Museum of Art, N.Y, cm. 56

Questa figura, capolavoro dell’arte scultorea Dengese, si sviluppa secondo un criterio volumetrico cilindrico accentuato dalle lunghe braccia e dalle grandi mani poggianti sul ventre. É arricchita da una livrea cromatica che la ricopre interamente, dalla testa fino ai grandi genitali, che in questa scultura sono purtoppo andati perduti, simboli forse della perpetuazione dell’etnia.

L’intero corpo, inoltre, è interessato da complesse scarificazioni con disegni geometrici ripetuti, ispirate dalla cultura artistica dei Kuba che utilizzavano questi motivi decorativi sui loro tessuti shoona di rafia e tela.

Stante l’autorevole monumentalità, la figura con ogni evidenza, è la rappresentazione di un illustre antenato o di uno capo di alto lignaggio.

Elio Revera

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