Lo sguardo del Mapiko

I Makonde sono un’etnia diffusa nel Mozambico settentrionale e nella Tanzania sud-orientale.

In Mozambico, sull’altopiano di Mueda, la tradizione Makonde prevedeva maschere-casco di legno, mapiko, destinate alle cerimonie di iniziazione sia maschili che femminili. Nella cultura tradizionale dei Makonde, i riti di iniziazione erano riservati sia ai ragazzi, con la circoncisione, sia alle ragazze. I maschi venivano isolati nella boscaglia del clan famigliare, mentre le ragazze erano tenute lontano dal villaggio. Le maschere avevano generalmente un aspetto particolarmente naturalistico sia pure con tratti anatomici esasperati. Spesso includevano autentici capelli umani, raffiguravano denti affilati e sul volto esibivano elaborate e geometriche scarificazioni, a volte incise o in rilievo, modellate con cera d’api.

Maschera, mapiko, Makonde, Mozambico Legno, capelli umani, pigmenti, h. 30,0 cm, Collezione Horstmann

Un costume le completava, nascondendo l’identità dell’uomo che l’indossava ed in nessun caso la maschera appariva senza il costume tradizionale. Questo personaggio camuffato era denominato lipiko. Il lipiko, la cui realizzazione era avviata da un maestro scultore, sovente diveniva un’opera collettiva, dal momento che ogni membro della famiglia forniva il proprio contributo creativo. E’ stato scritto che nella mitologia Makonde, le maschere mapiko rappresentassero gli spiriti dei defunti, uomini e donne sconosciuti, potenti e misteriosi, ma non malvagi, ma questa affermazione non pare documentata.

Un’altra arcaica maschera-casco della stessa etnia. Misura 28 cm ed appartiene ad una collezione privata francese.

Con ogni probabilità, queste figure erano l’immagine di un antenato del clan; quando però durante le danze cerimoniali era indossata una maschera a foggia animale, questo significava che il personaggio in questione aveva tratti caratteriali affini alla bestia esibita. Nel corso delle celebrazioni l’intera comunità era coinvolta ed insieme ai mapiko/lipiko molte altre figure partecipavano ai canti ed alle danze, al ritmo dei tamburi. Le maschere-casco Makonde sono sopravvissute nel tempo fino ai giorni nostri: vengono tutt’ora realizzate, ma con mezzi e materiali moderni e danzano in occasione di feste collettive e folkloriche.

Mapiko con i tatuaggi realizzati con cera d’api. 27,5 cm. Coll. Jacques Germain, Canada

Un’altra tipologia di oggetti rituali dei Makone sono i contenitori di sostanza curativa che i féticheurs utilizzavano nei villaggi dove si recavano per risolvere problemi di ordine sanitario o divinatorio. Sovente questi oggetti erano ricavati dal terminale delle corna di animali accuratamente svuotati.

Corno di antilope, materiale terroso, corda e scultura di legno. 33 cm, coll. privata. (Horn used as container for medicines and sacred oils (ntela) Antelope horn, wood, fiber, sacrificial matter, black oily patina 13 in/ 33 cm,19th century)

Nella fattispecie, infatti, questo antico corno contenente sostanza medicale ed olii sacri (ntela) reca sulla sommità una miniatura di legno, a guisa di testa, di grandissima qualità scultorea che funge da chiusura del contenitore. Anche su questa testa sono visibili i tradizionali tatuaggi dell’etnia ed è sorprendente la cura dei particolari che l’artista è stato in grado di realizzare con somma perizia.

“Calabasse e corna di antilope erano frequentemente utilizzate come contenitori per farmaci, olii sacri e altre sostanze, tra i diversi popoli della Tanzania. Questi contenitori erano chiusi con splendide teste scolpite in miniatura, a imitazione delle grandi sculture e maschere. Quale parte del loro repertorio di guarigione, i Makonde utilizzavano i corni come contenitori e li riempivano con sostanze medicamentose. Questi oggetti erano ancora più potenti come dispositivi di guarigione quando erano combinati con piume e con teste scolpite che rimandavano agli spiriti degli antenati”. (Frank Herreman, 1997)

Calabashes and antelope horns are frequently used as containers for medicines, sacred oils, and other substances among different Tanzanian peoples. They are often closed with beautifully carved wooden stoppers, miniature heads that mimic larger sculptures and masks. As part of their healing repertoire, the Makonde use horn containers filled with medicinal substances. These functional objects even more potent as healing devices when they are combined with feathers and carved heads that may represent ancestor spirits”.
(Frank Herreman 1997)

“Considerare i contenitori di sostanze medicali soltanto al servizio della magia, come fanno molti autori, non può essere accettato senza una qualche riserva. Secondo K.Weule, (1907)” Le sostanze medicali servivano alla preparazione di filtri d’amore ed erano ingerite anche per combattere le malattie, ma nondimeno erano anche inoculate a protezione dei leoni e per allontanare i cinghiali dalle coltivazioni…. I contenitori era fatti di bambù…. o di corno di animale. Più tardi, furono utilizzati anche i bossoli delle pallottole.” (Giselher Blesse, 1989)

“Le fait de classer les boîtes à médecines dans le domaine de l’art au service de la magie, comme le font maint auteurs, ne peut recevoir une approbation sans réserve. D’aprés K.Weule,(1907), “Les médecines servaient à la preparation de philtrs d’amour et de substances à ingérer contre les maladies, mais elles étaient également inoculées pour se protéger des lions et devaient éloingner des champs les sangliers…..Les récipients eux-memes étaient faits en bambou…ou dans un morceau de corne d’animal. Plus tard, des douilles de cartouches furent aussi utilisées.”
(Giselher Blesse, 1989)

Elio Revera

Si ringrazia la casa editrice Skira. Le infomazioni sono tratte da un mio lavoro pubblicato sul volume Ex AFrica. Storie e Identità di un’arte universale, Milano, 2019, (vedi: https://artidellemaninere.com/2019/02/27/ex-africa-storie-e-identita-di-unarte-universale/)

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