Semplifico dunque capisco…poco!!

Perchè abbiamo bisogno di semplificare la complessità?
Questa domanda può ragionevolmente ricevere un migliaio di risposte. Qui ne darò una soltanto, perchè è più tranquillizzante!

Cosa c’entra tutto ciò con l’arte classica africana?

Molto più di quanto si immagini.

Come si è regolato l’occidente storico/politico/religioso e di seguito quello mercantile, nei confronti della cultura antropologica, culturale ed artistica del continente africano, se non semplificare?

Prima tracciando comodi confini, poi dividendo popoli ed etnie, infine classificando rigide culture, tradizioni ed origini.

Come è tutto rassicurante! Come tutto torna!

I Fang di qua…i Kota di là!
Gli Hemba a nord…i Luba a sud…ed i Songye di mezzo!
Bello no!…tutto torna, tutto si spiega.

Ma cosa torna? Ma cosa si spiega !!!

Messa così la storia culturale ed artistica dei popoli assurge a parodia, a commedia, a ridicola messa in scena.

E dal momento che mi interesso di arte, un solo esempio, tra i mille possibili, proverò ad illustrare qui di seguito.

Guardate queste due immagini, anzi i particolari di due volti.

Tengo a precisare che sia queste immagini che le successive sono state volutamente prese senza particolari attenzioni fotografiche (inclinazione o posizione) proprio per evidenziare come coincidenze e difformità siano riscontrabili tout-court.

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Che dire? Non fosse che per alcuni dettagli di colore, parrebbero lo stesso oggetto in due inquadrature diverse!
Chi potrebbe immaginare che al contrario i due oggetti sono divisi da rigidi confini ben tracciati…il Gabon ed il Congo Brazzaville!!!

Ma continuiamo allargando l’immagine…ora differenze e similitudini sono più evidenti tra i due manufatti.

Qualcuno tra voi lettori riesce ad affermare ragionevolmente, che le culture di questi due popoli sono così immemori l’una dell’altra? Non hanno cioè matrici culturali, estetiche e formali in comuni origini?

Eppure appartengono a nazioni diverse e per noi occidentali il Congo è il Congo ed il Gabon il Gabon …che diamine!!!

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Ora appare svelato il mio intendimento e come tanto ancora ci sia da indagare e conoscere delle culture di quei lontani popoli.
Ora è chiaro attraverso le immagini quanto siano profonde le comuni origini culturali/antropologiche dei popoli che mai nessuna divisione politica e geografica, nessuna banale semplificazione, potranno mai appianare.

In un recente lavoro, Carlo Rovelli, sottolineando l’importanza del “dialogo” tra le teorie interpretative della fisica  di ieri e di oggi, ha scritto che ciò vale anche tra le culture – Le frontiere tra teorie, discipline,epoche, culture, popoli, persone, sono terribilmente permeabili, ed il nostro sapere si nutre degli scambi attravero questa permeabilità. Anzi, ha precisato, – Il sapere è il risultato in continua evoluzione di questa fitta rete di scambi.

Ma concludiamo con le immagini integrali dei due oggetti, che certo tanti avranno già identificato.

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Maschera di danza Okuyi della cultura Punu, Gabon, appartenente al Museo del quai Branly, raccolta nel 1930.Courtesy, “Punu. Visions d’Afrique” di L. Perrois e C. Grand-Dufay , 5 Continents ed.

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Sommità di figura della danza rituale Kébé Kébé della cultura Kuyu, Congo Brazzaville. Courtesy Denise e Beppe Berna Gallery.

“Deux boumaneoussi se sont retirer dans la brousse ou deux d’entre eux s’habillent de l’éboula, c’est à dire de la vaste toile faite de pagne de rafia qui tombe à longs plis autour du corps. Au sommet du pagne de l’éboula, surgit la tête de l’éouya, c’est à dire une tête de bois sculptée comme une tête de Kouyou. Sur cette tête sont piquées de plumes de poules qui portent le nom de miododos. le vaste pagne de l’éboula s’appelle aussi mokanda, c’est à dire peau, parce qu’elle représente le mokanda na djo, la peau de serpent… Un des capitas ou kani-mé-koutou quitte sa place et muni d’une cloche en fer va chercher l’un des éouyas. Il l’invite a entrer dans la danse. Il l’emmène au milieu des groupes, le visage tourné vers lui, en marchant à reculons et en frappant de la cloche en fer, à coups égrenées. Le serpent vient à lui, l’homme recule. L’homme s’avance, à l’air de menacer le serpent, celui-ci lui résiste…Le serpent qui a sauté jusqu’alors se couche tout à coup. Il se met a tourner à une vitesse vertigineuse. Le vaste pagne de l’éouya se gonfle au vent et rase le sol, la tête de l’éouya tourne en frôlant la terre. Dans le public, des voix excitent l’éouya a tourner. Son mouvement de rotation augmente encore de vitesse. Quand il ne peut plus tourner, il tombe à terre épuisé. La foule l’ovationne: ô ô ô ô ô ô .” (pp. 299-300, 1920. Poupon, M. A. “Etude Ethnographique de la Tribu Kouyou (suite).” l’Anthropologie, Vol. 29.)

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Courtesy RAAI, James J. Ross Archive of African Images 1590 – 1920

« Two Boumaneoussi go into the jungle where two of them are dressed in ’éboula, that is to say with the immense cloth made into a rafia loincloth that falls in long pleats around the body. At the top of the ‘eboula’ loincloth, springs up the head of the ‘éuoya,’ that is to say a wooden head sculpted like a head of Kouyou. The feathers of hens which carry the name of ‘miododos’ are stitched to this head. The immense loincloth of ‘l’éboula’ is called ‘mokanda,’ which is skin, because it represents the ‘mokanda na djo,’ the skin of the serpent…One of the ‘capitas’ where Kani-me’-koutou leaves his place and, supplied with an iron bell, goes to look for one of the ‘éouyas.’ He invites it to enter in the dance. He brings it to the center of the groups, the face turns towards him, backing away and hitting the iron bell, with successive blows. The serpent comes to him; the man recoils. The man advances with a menacing air towards the serpent that resists him…The serpent which has jumped until now lies down instantly. He begins to turn with a vertiginous speed. The immense loincloth of the ‘éouya’ becomes inflated in the wind and hugs the ground; the head of the ‘éouya’ turns, brushing the ground. In the audience, voices excite the ‘éouya’ to rotate. His rotating movement continues to increase in speed. When he can’t rotate anymore, he falls to the floor exhausted. The crowd gives him an ovation: ô ô ô ô ô ô .” (pp. 299-300, 1920. Poupon, M. A. “Etude Ethnographique de la Tribu Kouyou (suite).” l’Anthropologie, Vol. 29.)

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Courtesy RAAI, James J. Ross Archive of African Images 1590 – 1920

Certo, oggetti molto diversi, entrambi però ritualmente legati a danze propiziatorie, ma separati geograficamente da confini e da migliaia di chilometri ed appartenenti, inoltre, a popoli diversi.

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Come ha scritto frére A. Cornet nell’introduction du catalogue par la Galerie Leloup sur l’exposition “Kongo”, edité en juin 1998:
“L’art Kongo est sans doute le plus fécond de tous les arts du centre de l’Afrique. Son aire géographique épanouit sur cinq pays différents la République démocratique du Congo, la République Populaire du Congo, la République Angola, le Cabinda et la République gabonaise.
Au départ il y eut le grand Royaume de Congo que les Portugais la fin du xve siècle furent très surpris de découvrir avec ses structures administratives et la décentralisation de multiples provinces ferments expressions humaines multiples dont art était élément le plus révélateur.
Certes à époque les Européens étaient infiniment éloignés une vraie compréhension Il faudra attendre le xxe siècle pour que art kongo prenne sa place parmi les meilleurs.”

Ma se la semplificazione non spinge oltre l’indagine, non correremo in tal modo il rischio di ritrovarci con un ramo secco tra le mani, dimenticando che quello stecco apparteneva in origine ad un frondoso albero verde?!

Gall Carel van Lier Kuyo 1927 Amsterdam

Elio Revera

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Kuyu, Kébé Kébé dance

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